Mese: <span>Luglio 2024</span>

IL TRAUMA E LE SUE CONSEGUENZE

Dal trauma si può guarire? Il trauma non può essere cancellato, ma si possono curare le tracce che il trauma lascia nella mente, nel corpo e nell’anima.

I segni che lascia il trauma si manifestano in modi differenti:

– con una sensazione di peso sul petto che denominiamo ansia o depressione; 

  • con la paura di perdere il controllo che ci fa sentire maggiormente vulnerabili; 
  • con il sentirsi sempre in allerta, come se un pericolo possa essere dietro l’angolo ad ogni nostro passo; 
  • con il forte disgusto che si prova nei propri confronti, sentendosi spesso colpevoli più che vittime; 
  • con flashback e incubi costanti; 
  • con la fatica di essere concentrati in quello che facciamo;
  • con la difficoltà di amare e di sentirsi amati.

Ma cosa è il trauma? In psicologia il trauma viene definito come una risposta emotiva ad un evento, o ad una serie di eventi, estremamente stressanti o disturbanti. Il trauma può avere effetti profondi e duraturi sulla salute menale di un individuo, influenzando il suo comportamento, le sue emozioni e le sue capacità di relazione. In alcuni casi, il trauma può portare a disturbi più gravi come il Disturbo da Stress Pos-Traumatico (PTSD).

Il trattamento del trauma spesso coinvolge interventi terapeutici come la terapia cognitivo-comportamentale, la terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprcessing) e altre forme di supporto psicologico.

Con un percorso di cura ci si pone l’obiettivo di ritornare ad essere padroni di se stessi e di riprendere la connessione tra corpo e mente. Chi lavora con le persone traumatizzate sa che per riprendere il controllo di se stessi è necessario ripercorrere il trauma, ma non è possibile farlo se prima non abbiamo condotto la persona a provare direttamente quella sensazione di sicurezza, condizione indispensabile per non sentirsi nuovamente traumatizzati.

La ricerca neuroscientifica ha messo in evidenza come l’unico modo per modificare come ci si sente, consiste nel diventare consapevoli delle nostre sensazioni interiori, non avendone paura e sentendosi in balia di esse, ma cercando di accogliere ciò che accade dentro di noi.

L’obiettivo non vuole essere stabilire con certezza cosa sia esattamente accaduto, ma guidare “le persone a tollerare le sensazioni, le emozioni e le reazioni che provano, senza esserne sopraffatti” (B. Van Der Kolk).

È importante far sì che la persona non si senta colpevole dell’accaduto; il trauma non è colpa loro e tanto meno è stato causato da qualche loro difetto e nessuno può meritarsi quello che è accaduto a loro.

Elaborare un trauma è un processo complesso e individuale che può variare notevolmente da persona a persona. Tuttavia ci sono alcuni approcci e strategie comuni utilizzati in psicologia per aiutare le persone ad elaborare e superare il trauma. 

 1. Riconoscimento e accettazione attraverso il supporto professionale:

  • Consapevolezza: il primo passo è riconoscere che si è vissuto un evento traumatico. In questa fase è importante accettare i sentimenti e le emozioni associate al trauma.
  • Autoaccettazione: accogliere le reazioni al trauma come normali e non sbagliate sebbene si percepisca l’ora fatica nel superare l’evento. “Ciò che è successo non può essere cancellato” (B. Van Der Kolk). È necessario occuparsi delle tracce del trauma che rimangono nel corpo, nella mente e nell’anima.

Chi ha subito dei traumi sa bene di cosa sto parlando, perchè questi vissuti interni sono quelli che accendono maggiormente l’ansia, la depressione e la paura: si temono le proprie sensazioni fisiche; esse diventano il vero pericolo da evitare.

Anche se il trauma riguarda il passato, il cervello emotivo continua a generare sensazioni che rendono la persona impaurita e impotente nel presente, e così il corpo si congela e la mente si spegne.

Il cambiamento ha inizio con l’aprirsi alla propria esperienza interna, focalizzandosi sulle sensazioni e portando l’attenzione a come esse siano, di fatto, transitorie, poichè reagiscono a modifiche posturali minime, o a variazioni nella respirazione o a mutamenti del pensiero.

Dopo aver imparato a notare queste sensazioni fisiche è necessario imparare a chiamarle con il giusto nome es. “Quando sono ansioso, ho una sensazione di oppressione al petto”.

In questo modo possiamo guidare il paziente a stare su quella sensazione e notare cosa cambia se si fa un respiro profondo o se ci si abbandona ad un pianto.

È importante sentirsi capaci di poter esplorare e tollerare le proprie reazioni fisiche per poter “approdare” nel passato in modo sicuro.

Altro passo fondamentale in questo viaggio, sarà quello di osservare l’interrelazione tra i pensieri e le sensazioni fisiche. È inevitabile che pensieri diversi, creano sensazioni diversi, es “mio padre mi ama” o “la mia ragazza mi ha lasciata” hanno effetti diversi nel nostro corpo.

Perchè tutto questo possa avvenire in modo efficace è importante poter creare una buona relazione terapeutica in cui sentirsi al sicuro e concedersi di esplorare anche parti traumatizzate.

“Sicurezza e terrore sono incompatibili. Quando siamo terrorizzati, niente ci calma come la voce rassicurante o l’abbraccio deciso di qualcuno di cui ci fidiamo” (B. Van Der Kolk).

2. Supporto sociale:

Nel trattare il trauma, i contesti relazionali sono fondamentali: che siano famiglie, persone amate, gruppi di auto-aiuto, comunità religiose, psicoterapia, lo scopo è di dare sicurezza emotiva e fisica. È fondamentale riuscire a creare una ri-connessione con gli altri esseri umani, soprattutto quando si è stati vittima di traumi relazionali, quando chi doveva o diceva di amarci in realtà ci ha inflitto sofferenza e dolore.

Avere un sistema di supporto solido, che includa amici, familiari o gruppi di supporto è cruciale per la guarigione.

3. Tecniche di coping:

  • Mindfulness e meditazione: queste pratiche possono aiutare a radicare la persona nel presente, riducendo l’ansia e migliorando la consapevolezza del corpo e delle emozioni.
  • L’esercizio fisico: l’attività fisica regolare può aiutare a ridurre lo stress e migliorare l’umore;
  • Routine di auto-cura: prendersi cura di sè attraverso una buona alimentazione, sonno adeguato e altre pratiche di benessere.

4. Rielaborazione del significato:

  • Riflettere sull’esperienza: comprendere l’impatto del trauma sulla propria vita e cercare di dare un nuovo significato all’esperienza può aiutare a integrare il trauma in una narrazione personale più ampia.
  • Resilienza e crescita post-traumatica: Alcune persone trovano che lavorare attraverso il trauma porti a una maggiore resilienza e a una nuova comprensione di sé.                          

5. Interventi farmacologici:

  • Medicazione: In alcuni casi, i farmaci possono essere prescritti per gestire i sintomi di ansia, depressione o PTSD

Il percorso di elaborazione del trauma è spesso lungo e può richiedere un impegno costante. Ogni individuo è unico, quindi le strategie che funzionano per una persona potrebbero non essere efficaci per un’altra. È importante lavorare con professionisti qualificati per trovare il percorso di guarigione più adatto.

Dott.ssa Sonia Allegro

Psicologa – Psicoterapeuta

LA MEDITAZIONE METTA NEL PROTOCOLLO MBSR

La mia religione è la gentilezza

Dalai Lama

Nel protocollo di meditazione Mindfulness chiamato MBSR (mindfunell based stress reduction) ideato da Jon Kabat-Zinn alla fine degli anni ’70 si pratica la meditazione Metta, ovvero dell’amorevole gentilezza.

La parola in lingua pali Metta ha due significati principali: uno corrisponde a benevolo. Essa è paragonata appunto a una pioggia lieve che cade sulla terra che non seleziona o sceglie, ma scende semplicemente senza discriminare.

L‘altro significato della parola Metta é amico. Il culmine della meditazione Metta é diventare veri amici di noi stessi e di tutte le forme di vita.
La pratica della meditazione Metta (che significa amorevole gentilezza ) è alla base della pratica della presenza mentale, poiché richiede lo stesso atteggiamento di rifiuto del giudizio e dell’attaccamento, un atteggiamento di accettazione nei riguardi del momento presente, un orientamento che invita a far posto alla calma, alla chiarezza della mente del cuore, alla compassione.
Secondo Jon kabat-Zinn la pratica della gentilezza amorevole è una disciplina ardua, non meno che prestare attenzione al proprio respiro, o osservare il corso del proprio pensiero.

Nel corso della nostra vita desideriamo essere amati, amare, e amare noi stessi. Purtroppo a causa della sofferenza tendiamo invece a percepirci come separati dagli altri e a isolarci per proteggerci. Buddha definì il cammino spirituale che conduce alla liberazione dalla sofferenza e all’uscita dall’isolamento come “la liberazione del cuore, che è amore”.
Praticando le meditazioni (brahma-vihara,) dell’amore, della compassione, della gioia compartecipe e dell’equanimità facciamo sì che l’amore, la compassione, la gioia compartecipe e l’equanimità costruiscano la nostra casa interiore.
Quando entriamo in contatto con la capacità di amare la luce si accende. La pratica di queste meditazioni è un modo per accendere la luce e per poi averne cura, è un processo di profonda trasformazione spirituale.

Possiamo accumulare esperienze e beni, possiamo cercare qualcosa che riteniamo di non avere e che ci renderà felici, ma la nostra felicità non nasce dall’accumulare e dal possedere dobbiamo cambiare idea su dove cercarla.
Secondo Buddha la felicità ordinaria viene dall’esperienza del piacere, la fugace soddisfazione di ottenere ciò che vogliamo, ma tale felicità è simile all’acquietamento temporaneo della fame. Questa felicità ordinaria è transitoria e porta con sé una tendenza nascosta alla solitudine e alla paura. Quando cerchiamo la felicità nel possedere e nell’accumulare ci procuriamo soltanto sofferenza.
Dobbiamo abbandonare il tentativo di controllare i cicli del piacere e del dolore, che sono incontrollabili, e imparare invece come connetterci, aprirci e amare indipendentemente da ciò che accade.

Ricordare alle cose la propria bellezza è l’essenza della Metta.
La meditazione di Metta è  la prima delle 4 brahma-vihara, le altre sorgono dalla Metta, che le sostiene e le amplia.
Quando nella vita proviamo paura e dolore queste creano distacco tra alcune parti di noi stessi. Quando queste esperienze di paure e dolore sono intense al punto da definirsi traumatiche creano una frammentazione di noi stessi, ci separiamo dentro di noi e ci sentiamo separati dalla nostra vita e dagli altri. Una mente spaventata può comunque essere penetrata dall’amorevole gentilezza, questo senso di amore che non è legato al desiderio e che non pretende che le cose siano diverse da quelle che sono, vince l’illusione dell’isolamento, di non essere parte di un tutto e vince la frammentazione interiore.
Metta diventa la capacità di accogliere tutte le parti di noi e del mondo.
Il risveglio dell’amore e la sensazione di unione non sono condizionate dal fatto che le cose vadano in un certo modo, poiché la Metta, non è dipendente né condizionata.
La pratica di Metta, che può sradicare la paura, la rabbia e la colpa, comincia con l’amicizia verso se stessi. Il suo fondamento consiste nell’imparare ad essere amici di se stessi.
La fiducia nella nostra innata capacità di dare amore rende possibile la coltivazione della Metta.

La meditazione di Metta si compone di frasi di gentilezza amorevole; che ci aiutano a cominciare ad essere amici di noi stessi.

Tradizionalmente all’inizio si usano quattro frasi:
” possa Io essere libero dal pericolo”
“possa Io essere felice”
“possa Io essere in salute”
“possa Io disporre dei beni indispensabili”.

Quando si pratica questa meditazione a volte emerge con forza un sentimento di indegnità e si possono vedere chiaramente le circostanze che limitano l’amore verso noi stessi. Quando questo accade si respira gentilmente e si accetta che questi sentimenti siano sorti, si richiama alla mente la bellezza del desiderio di essere felici e si ritorna alle frasi di Metta.

Partire da noi stessi è la base per offrire amore agli altri.

In seguita la Metta procede in modo strutturato e preciso: dopo averla offerta a noi stessi, ci spostiamo verso qualcuno che è stato buono con noi, verso le persone che amiamo, verso gli amici, verso chi ci ha fornito aiuto, verso un conoscente, un estraneo, verso gli esseri viventi tutti e poi ci si sposta verso coloro ai quali è più difficile indirizzare la Metta, ovvero verso chi ci ha fatti soffrire, ci ha traditi, delusi. In questo modo mettiamo in discussione i nostri limiti ed estendiamo la nostra capacità di benevolenza,

Qualunque sentimento momentaneo è meno potente degli auguri che facciamo, che sono dei semi de a tempo debito fruttificheranno.

Concludo riportando la parole di Sharon Salzberg, autrice de L’arte rivoluzionaria della gioia, edito da Ubaldini Editore:

la Metta è un tesoro che rallegra e porta all’intimità con noi stessi e con gli altri, è la forza dell’amore che condurrà oltre la frammentazione, la solitudine e la paura”.

 

Dott.ssa Luigina Pugno

Psicologa – Psicoterapeuta

​​TU CHIAMALE SE VUOI, EMOZIONI… 2.0: Inside out 2 e l’avvento delle emozioni secondarie in Adolescenza.

Nel nuovo sequel della pixar Inside out 2, ritroviamo la giovane protagonista Ryle, ormai 13enne alle prese con nuove emozioni che proprio caratterizzano l’avvento dell’adolescenza: Ansia, Imbarazzo, Invidia, Noia/Ennuie Nostalgia.

Nel primo film, Inside out, avevamo lasciato la protagonista 12enne che, a seguito del traumatico evento del trasferimento in una nuova città, aveva dovuto fare i conti con tutte le emozioni primarie: Gioia, Paura, Disgusto, Rabbia e soprattutto Tristezza.

Si è visto, dunque, in Inside Out, che solo accettando la tristezza per la separazione da ciò che non aveva più e che era nel passato, che la giovane Ryle, ha potuto accogliere la gioia per tutto quanto di nuovo stava capitando nella sua vita, nel presente; è solo accettando il cambiamento, il passaggio dall’infanzia alla preadolescenza; accettando l’importanza di ogni emozione, che ha potuto riequilibrarle, ed essere di nuovo serena, d’altronde, come abbiamo ben visto: “Non c’è Gioia senza Tristezza”!

Nel sequel della Pixar, ritroviamo Ryle, alle prese con l’ormai imminente adolescenza e con il caos e la confusione che quest’ultima comporta, momento, che per l’età in cui avviene, si congiunge con un altro momento di transizione decisamente importante che è la fine del sicuro contesto delle scuole medie e l’inizio dell’incerto e sconosciuto periodo delle scuole superiori.

Vediamo, dunque, la protagonista alle prese con l’insidioso periodo definito Pubertà, che racchiude un momento di cambiamento, crescita e ridefinizione del senso di Sé che spesso può risultare davvero “cringe”.

La parola cardine di Inside out 2, sembra allora proprio essere Crescita, ed è proprio con la crescita e la confusione del periodo puberale che fanno l’avvento nella consolle amigdaliana altre emozioni quali appunto l’Ansia, l’Imbarazzo, l’Invidia e l’Ennui/Noia, e qualche comparsa qui e là di Nostalgia, definite anche emozioni secondarie.

Come sappiamo dagli studi di Ekman (2008) le emozioni si dividono in primarie e secondarie: sono emozioni primarie quelle che si esprimono con la stessa espressione facciale in qualsiasi popolazione e definite, pertanto, innate e universali: paura, rabbia, tristezza, gioia, disgusto e sorpresa (come appunto visto anche in Inside out).

Le emozioni secondarie, invece, sono quelle che originano dalla combinazione delle emozioni primarie e si sviluppano con la crescita dell’individuo e con l’interazione sociale.

 A quanto pare, però, per quanto riguarda queste ultime, la nostra varietà emotiva sarebbe molto più ampia di quello che aveva riscontrato Ekman (2008) con i suoi studi sulle espressioni facciali; infatti, un recente studio della University of California, diretto da Alan S. Cowen e Dacher  Keltner (2017) e pubblicato su Pnas, aggiorna e amplia le emozioni fondamentali nell’essere umano, aggiungendo alle classiche  6 tipologie di emozioni, altre 21, per un totale di 27 tipologie distinte di emozioni: ammirazione, adorazione, apprezzamento estetico, divertimento, ansia, soggezione, imbarazzo, noia, calma, confusione, desiderio, disgusto, dolore empatico, estasi, invidia, eccitazione, paura, orrore, interessamento, gioia, nostalgia, amore, tristezza, soddisfazione, desiderio sessuale, simpatia, trionfo.

Si può comprendere, dunque, perché con una varietà così ampia di emozioni, nel periodo adolescenziale, ci si possa sentire in qualche modo confusi e turbati, e vada a modificarsi quello che finora era stato il Senso di Sé, mettendo in discussione molti valori che fino a quel momento erano stati di riferimento: la famiglia, gli amici, i progetti, i desideri; vengono stravolti e ridimensionati, concentrandosi solo su quella spasmodica ricerca del senso di Sé smarrito, che spesso può far risultare l’adolescente egoista e concentrato solo su sé stesso.

Ma, in realtà è un periodo, come ben espresso in Inside out 2, in cui, in questo sentiero smarrito della pubertà, l’Ansia prende il sopravvento sulle altre emozioni al punto da chiuderle in una teca, e relegarle negli sperduti meandri dell’inconscio.

Così, come Ryle nel weekend in cui dovrà mostrare tutto il suo valore sul campo per farsi accettare dalla nuova squadra di Hockey del liceo, l’adolescente, tra una storia su Instagram, un Tiktok e un BeReal, cerca di farsi accettare e mostrarsi più forte di quanto non sia; cerca dunque di nascondere la sua fragilità provando a reprimere le emozioni.

Ma, come diceva Freud (1886-1899) : “le emozioni inespresse non moriranno mai, restano sepolte vive e usciranno più tardi in un modo peggiore”!

Ed è qui che, infatti, come ben colto dalla Pixar, subentra lui, il famoso “Attacco di Panico”, dove tutte le emozioni cercano di prendere il sopravvento nella costruzione del senso di Sé, facendo sentire chi lo vive come in un vortice senza via di fuga.

Ma la via d’uscita c’è, e di fatto è solo nel momento in cui ogni emozione si placa per dare spazio all’altra che riescono ad equilibrarsi e l’attacco di panico va esaurendosi.

Ovviamente c’è dell’altro dietro all’attacco di panico, legato ai vissuti individuali, così come quello che Ryle vive in weekend, nella realtà dura anni, ma ben semplifica quanto accade in adolescenza e soprattutto negli adolescenti dell’attuale generazione Z che sembrano ben identificarsi in Ryle.

Un aspetto forse un po’ trascurato, In Inside Out 2 è il tipico rapporto conflittuale con i genitori che è molto importante, insieme al rapporto con i pari e la società nell’edificare quel famoso Senso di Sé e la futura personalità dell’adolescente che poi diviene un giovane adulto.

È importante, infatti, soprattutto in questa fase della vita, che l’adolescente possa avere la possibilità di essere accompagnato, con una distanza sufficientemente buona, da adulti che lo guidino e lo aiutino a leggere e capire cosa sta provando.

Questo perché come abbiamo visto, le emozioni vanno espresse, ma soprattutto vanno riconosciute, perché è solo attraverso il loro riconoscimento che siamo in grado di affrontarle e di gestirle: non è possibile gestire ciò che non si conosce.

È solo quindi attraverso un percorso di conoscenza di sé che è possibile vivere in armonia ed equilibrare le nostre emozioni.

Inside Out 2, come il primo film, offre una rappresentazione semplice ma efficace del complesso mondo emotivo degli adolescenti. Aiuta a comprendere l’importanza di riconoscere e accettare tutte le emozioni per vivere in armonia.

Questo è un messaggio fondamentale per psicoterapeuti, genitori e insegnanti, poiché il supporto emotivo e la guida sono essenziali per aiutare gli adolescenti a navigare in questo periodo di transizione.

 

Dott.ssa Monica Iuliano

Psicologa – Psicoterapeuta

 

Bibliografia

 Ekman, P. (2008). Emotions Revealed: Recognizing Faces and Feelings to Improve Communication and Emotional Life. Henry Holt and Company.

 Cowen, A. S., & Keltner, D. (2017). Self-report captures 27 distinct categories of emotion bridged by continuous gradients. Proceedings of the National Academy of Sciences, 114(38), E7900-E7909.

 Freud, S. Citazione da: The Standard Edition of the Complete Psychological Works of Sigmund Freud.