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Qui di seguito trovate gli articoli che i nostri soci hanno pubblicato su diverse testate. Buona lettura.

LA MEDITAZIONE METTA NEL PROTOCOLLO MBSR

La mia religione è la gentilezza

Dalai Lama

Nel protocollo di meditazione Mindfulness chiamato MBSR (mindfunell based stress reduction) ideato da Jon Kabat-Zinn alla fine degli anni ’70 si pratica la meditazione Metta, ovvero dell’amorevole gentilezza.

La parola in lingua pali Metta ha due significati principali: uno corrisponde a benevolo. Essa è paragonata appunto a una pioggia lieve che cade sulla terra che non seleziona o sceglie, ma scende semplicemente senza discriminare.

L‘altro significato della parola Metta é amico. Il culmine della meditazione Metta é diventare veri amici di noi stessi e di tutte le forme di vita.
La pratica della meditazione Metta (che significa amorevole gentilezza ) è alla base della pratica della presenza mentale, poiché richiede lo stesso atteggiamento di rifiuto del giudizio e dell’attaccamento, un atteggiamento di accettazione nei riguardi del momento presente, un orientamento che invita a far posto alla calma, alla chiarezza della mente del cuore, alla compassione.
Secondo Jon kabat-Zinn la pratica della gentilezza amorevole è una disciplina ardua, non meno che prestare attenzione al proprio respiro, o osservare il corso del proprio pensiero.

Nel corso della nostra vita desideriamo essere amati, amare, e amare noi stessi. Purtroppo a causa della sofferenza tendiamo invece a percepirci come separati dagli altri e a isolarci per proteggerci. Buddha definì il cammino spirituale che conduce alla liberazione dalla sofferenza e all’uscita dall’isolamento come “la liberazione del cuore, che è amore”.
Praticando le meditazioni (brahma-vihara,) dell’amore, della compassione, della gioia compartecipe e dell’equanimità facciamo sì che l’amore, la compassione, la gioia compartecipe e l’equanimità costruiscano la nostra casa interiore.
Quando entriamo in contatto con la capacità di amare la luce si accende. La pratica di queste meditazioni è un modo per accendere la luce e per poi averne cura, è un processo di profonda trasformazione spirituale.

Possiamo accumulare esperienze e beni, possiamo cercare qualcosa che riteniamo di non avere e che ci renderà felici, ma la nostra felicità non nasce dall’accumulare e dal possedere dobbiamo cambiare idea su dove cercarla.
Secondo Buddha la felicità ordinaria viene dall’esperienza del piacere, la fugace soddisfazione di ottenere ciò che vogliamo, ma tale felicità è simile all’acquietamento temporaneo della fame. Questa felicità ordinaria è transitoria e porta con sé una tendenza nascosta alla solitudine e alla paura. Quando cerchiamo la felicità nel possedere e nell’accumulare ci procuriamo soltanto sofferenza.
Dobbiamo abbandonare il tentativo di controllare i cicli del piacere e del dolore, che sono incontrollabili, e imparare invece come connetterci, aprirci e amare indipendentemente da ciò che accade.

Ricordare alle cose la propria bellezza è l’essenza della Metta.
La meditazione di Metta è  la prima delle 4 brahma-vihara, le altre sorgono dalla Metta, che le sostiene e le amplia.
Quando nella vita proviamo paura e dolore queste creano distacco tra alcune parti di noi stessi. Quando queste esperienze di paure e dolore sono intense al punto da definirsi traumatiche creano una frammentazione di noi stessi, ci separiamo dentro di noi e ci sentiamo separati dalla nostra vita e dagli altri. Una mente spaventata può comunque essere penetrata dall’amorevole gentilezza, questo senso di amore che non è legato al desiderio e che non pretende che le cose siano diverse da quelle che sono, vince l’illusione dell’isolamento, di non essere parte di un tutto e vince la frammentazione interiore.
Metta diventa la capacità di accogliere tutte le parti di noi e del mondo.
Il risveglio dell’amore e la sensazione di unione non sono condizionate dal fatto che le cose vadano in un certo modo, poiché la Metta, non è dipendente né condizionata.
La pratica di Metta, che può sradicare la paura, la rabbia e la colpa, comincia con l’amicizia verso se stessi. Il suo fondamento consiste nell’imparare ad essere amici di se stessi.
La fiducia nella nostra innata capacità di dare amore rende possibile la coltivazione della Metta.

La meditazione di Metta si compone di frasi di gentilezza amorevole; che ci aiutano a cominciare ad essere amici di noi stessi.

Tradizionalmente all’inizio si usano quattro frasi:
” possa Io essere libero dal pericolo”
“possa Io essere felice”
“possa Io essere in salute”
“possa Io disporre dei beni indispensabili”.

Quando si pratica questa meditazione a volte emerge con forza un sentimento di indegnità e si possono vedere chiaramente le circostanze che limitano l’amore verso noi stessi. Quando questo accade si respira gentilmente e si accetta che questi sentimenti siano sorti, si richiama alla mente la bellezza del desiderio di essere felici e si ritorna alle frasi di Metta.

Partire da noi stessi è la base per offrire amore agli altri.

In seguita la Metta procede in modo strutturato e preciso: dopo averla offerta a noi stessi, ci spostiamo verso qualcuno che è stato buono con noi, verso le persone che amiamo, verso gli amici, verso chi ci ha fornito aiuto, verso un conoscente, un estraneo, verso gli esseri viventi tutti e poi ci si sposta verso coloro ai quali è più difficile indirizzare la Metta, ovvero verso chi ci ha fatti soffrire, ci ha traditi, delusi. In questo modo mettiamo in discussione i nostri limiti ed estendiamo la nostra capacità di benevolenza,

Qualunque sentimento momentaneo è meno potente degli auguri che facciamo, che sono dei semi de a tempo debito fruttificheranno.

Concludo riportando la parole di Sharon Salzberg, autrice de L’arte rivoluzionaria della gioia, edito da Ubaldini Editore:

la Metta è un tesoro che rallegra e porta all’intimità con noi stessi e con gli altri, è la forza dell’amore che condurrà oltre la frammentazione, la solitudine e la paura”.

 

Dott.ssa Luigina Pugno

Psicologa – Psicoterapeuta