ANCHE I PAPA’ POSSONO SVILUPPARE LA DEPRESSIONE POST PARTUM?
Il periodo della gestazione e del puerperio coinvolge in modo molto intenso la donna: dal test di gravidanza, alla gestazione, l’allattamento, le cure primarie la diade mamma/bambino mantiene la sua funzionale simbiosi… La figura del papà rimane un po’ in disparte, come se il suo ruolo prendesse forma solo in un secondo momento, quando il bambino sarà più grande.
Negli ultimi vent’anni però abbiamo iniziato ad assistere, in questo senso, a qualche cambiamento sociale e culturale. L’importanza del ruolo paterno viene evidenziata già durante la gravidanza e nei primi mesi dopo il parto: si passa dalla diade alla triade.
Pensiamo alla battaglia per il riconoscimento del congedo di paternità, per veder riconosciuta l’interscambiabilità dei ruoli genitoriali e l’importanza della presenza di entrambi per il neonato. E’ infatti fondamentale un maggior coinvolgimento dei neo papà nelle cure del neonato, nel supporto emotivo al piccolo e alla compagna, non solo per sostenere la loro salute emotiva, ma anche per preservare la propria.
Anche per i papà infatti adattarsi al un nuovo ruolo non è compito semplice. Come le loro compagne, devono adattarsi ad un ruolo che la società ritiene innato e naturale, ma per loro è sconosciuto ed estraneo. Talvolta si trovano a partire “da zero”, magari privi di un esempio di genitorialità paterna attiva ed emotivamente coinvolta e coinvolgente, con un modello di padre più distaccato e meno presente. Negli ultimi decenni abbiamo assistito al “tramonto del padre”1, dell’uomo che si occupa da solo del sostentamento della famiglia e impone la disciplina con l’autorità e la forza. Il nuovo “modello” paterno è radicalmente diverso, “l’autorità simbolica del padre ha perso peso, si è eclissata, è irreversibilmente tramontata”2, per questo i moderni papà si sono trovati, in molti casi, ad inventarsi ex novo una figura genitoriale in linea con i cambiamenti della società, ma non sempre in linea con gli esempi vissuti e interiorizzati.
Oggi ai papà si richiede di essere flessibili, accudenti ed empatici quanto le mamme; in un’ottica di parità di diritti e doveri tra uomini e donne. Se però da un lato si moltiplicano “i libri di istruzioni per l’uso” per i neo papà, dall’altro la ricerca
scientifica evidenzia i rischi e le difficoltà sia nell’adattarsi ad un ruolo nuovo, sia per i bambini cui viene a mancare talvolta una figura più sicura ed autorevole.
I papà iniziando ad essere, o provando ad essere, più coinvolti attivamente nella gestione del proprio bambino si trovano a sperimentare direttamente un vissuto emotivo simile a quello delle loro compagne: pochi sanno che, oltre alle mamme, anche i papà hanno una notevole probabilità di sviluppare, nel periodo perinatale, una serie di sintomi come fatica, irritabilità, nervosismo, ansia e incapacità di riposarsi prima del parto, che possono poi attenuarsi nell’immediato post partum, per poi ripresentarsi durante il primo anno di vita del bambino. Paulson, nel suo studio del 2013, sostiene
che si possa parlare di una vera e propria Depressione Post Partum paterna che colpisce circa il 10% dei neo-papà.
A causa della scarsità di ricerche sull’argomento, non è ancora stato validato uno strumento che rilevi con valore statisticamente significativo l’insorgenza della DPP paterna, tuttavia è degno di nota lo studio di Ramchandani4 per validare l’EPDS anche per la DPP paterna.
La DPP paterna ha un esordio più subdolo rispetto a quella materna, ma porta con sé spesso agiti più violenti, oltre alle caratteristiche tipiche dell’episodio depressivo. La sensazione di fallimento, frustrazione, ansia che questi uomini si trovano a provare possono scatenare anche episodi violenti, mai comparsi prima durante la relazione, nei confronti della propria compagna.
L’instaurarsi del legame con il bambino è anche dovuto, oltre alle attitudini personali, ai cambiamenti ormonali, che si modificano nella donna in gravidanza, quanto nell’uomo: nei neo-papà infatti in genere si abbassa il livello di testosterone nei mesi prima del parto e si mantiene basso per diversi mesi dopo la nascita del bambino, contemporaneamente si alzano i livelli di estrogeni che dovrebbero aiutare a veicolare risposte biologiche meno aggressive e facilitare le cure genitoriali e la costruzione del legame d’attaccamento (Rholde, 2005). Quando questo non accade possono riscontrarsi talvolta invece livelli alti di testosterone e cortisolo, che favoriscono la messa in atto di comportamenti aggressivi, spesso rivolti verso la compagna, talvolta anche verso il neonato.
Il ruolo dei padri viene raccontato e immaginato sovente come più semplice di quello che in realtà un uomo si trova ad affrontare: l’attenzione per il sovraccarico emotivo e fisico è spesso rivolto alla mamma lasciando i papà un po’ in secondo piano.
I neogenitori si trovano entrambi ad affrontare una realtà anche molto diversa da quella immaginata: pian piano il bambino immaginato durante la gravidanza lascia spazio al bambino reale, spesso meno angelico e più esigente.
Contrariamente alle mamme, spesso in congedo di maternità, la maggior parte dei papà prosegue la propria routine lavorativa, a cui si somma il tempo da dedicare alle cure del bebè, rinunciando anche al riposo o al sonno, per alleviare almeno un po’ il carico della compagna.
Purtroppo lo stereotipo sociale della mascolinità impedisce spesso agli uomini di rivelare i loro stati d’animo e le proprie emozioni negative e vivono in silenzio questo periodo di fragilità: sono spesso stanchi, spaesati, nostalgici della vita svolta precedentemente alla nascita. Vengono considerati fattori di rischio di insorgenza di una DPP paterna una gravidanza non programmata/desiderata, l’età avanzata, pregressi episodi depressivi, compresenza di un disturbo dell’umore materno, alta conflittualità nella coppia.
Studiare e prendere in carico precocemente la DPP paterna è importante, anche per prevenirne i possibili effetti sul bambino, quali iperattività, scarso controllo degli impulsi, disturbi della condotta. Quello che certamente la letteratura ha già dimostrato è che alcuni uomini, molto coinvolti e presenti nelle fasi di attesa del bambino, sviluppano durante la gravidanza della compagna dei tratti simili a quelli della futura mamma (insonnia, irrequietezza, eccesso di stanchezza), tanto da prendere il nome di “Sindrome de la couvade”. Se non adeguatamente supportati questi neo genitori rischiano di influenzare negativamente, anche se in modo involontario, la stabilità emotiva del piccolo durante i suoi primi mesi di vita. E’ stato dimostrato quanto l’interazione positiva con mamme e papà sereni, affiatati e complici nella cura del bebè favorisca la sua capacità di instaurare relazioni sicure e la sua capacità di autonomia e propensione verso l’esplorazione nei primi anni di vita. E’ dunque fondamentale anche per i futuri papà iniziare ad avere la consapevolezza che si possano manifestare delle
fragilità nel periodo perinatale e che si possa venire supportati da specialisti in caso di necessità, esattamente come accade alle mamme: la conoscenza è la migliore prevenzione che si possa mettere in campo per la protezione della propria salute e per quella del proprio bambino.
Per questo l’Associazione ECO nel servizio dedicato all’infanzia e adolescenza http://www.ecoassociazione.it/eco-junior-0-17/ dedica uno spazio proprio al sostegno alla genitorialità e alla presa in carico dei neo genitori.
Dr.sse Aringhieri e Delia