Le prime fantasie associate al diventare genitori accompagnano già nostri giochi infantili e la nostra
crescita, modificandosi fino al raggiungimento dell’età adulta. La genitorialità, presagita nel gioco
infantile, viene inserita in quelle tappe evolutive che la nostra cultura considera parte naturale
dell’esistenza. Spesso, nel passaggio dalla fantasia alla realtà, le donne si ritrovano a confrontarsi
con un’idea di maternità fortemente idealizzata, dove le idee romantiche si trasformano in vere e
proprie aspettative irrealistiche verso se stesse e verso la propria famiglia.
Tali aspettative rendono talvolta più difficile per le future mamme prendere contatto con gli aspetti
più negativi della maternità. Perché l’amore materno può anche non essere un istinto, ma un
processo da costruire. Non si nasce “genitore”, lo si diventa: se nove mesi servono al feto per
giungere al completo sviluppo, questi sono necessari anche alla madre per prepararsi, non solo
fisicamente, ma anche psicologicamente all’evento nascita.
In questo periodo si assiste a numerosi cambiamenti sia a livello individuale che di coppia, sul
piano sociale, su quello legato alla propria immagine corporea, alle proprie relazioni interpersonali
e al proprio Sè. Questi cambiamenti, se da un lato sono del tutto fisiologici, dall’altro possono
essere fortemente destabilizzanti. Il confronto con un corpo che si trasforma, accompagnato dal
cambiamento di ritmi fisiologici, gusti ed abitudini, è talvolta fonte di disagio, un disagio che può
rimanere inespresso, perché una futura mamma “deve per forza” essere felice.
Non sempre, infatti, un certo ideale di maternità tiene conto di tutta una serie di elementi di
ambivalenza che permeano la gravidanza ed il puerperio: gioia, entusiasmo, sorpresa talvolta
cedono il passo alla tristezza, rabbia, paura in un rimescolarsi di emozioni. La donna, in questi casi,
non si sente all’altezza delle aspettative del contesto intorno a lei e si sente diversa dalle altre
mamme “da pubblicità”, sempre così sollecite ed entusiaste nell’accogliere la nuova vita con tutti i
cambiamenti che questa comporta.
Anche nella nostra esperienza di clinici ci siamo più volte confrontati non soltanto con disturbi
conclamati ad insorgenza durante gravidanza, ma anche con il bisogno di accoglienza, sostegno e
contenimento di paure e fragilità, così diffuse e spesso sottaciute dalle future madri.
Per questo crediamo sia necessario, da parte di tutti gli operatori coinvolti nella gestione clinica
della gravidanza, ogni possibile sforzo per intercettare e prevenire condizioni di sofferenza emotiva,
ma anche che sia fondamentale che le donne ed i loro familiari siano in grado di riconoscere i
possibili segnali di allarme e di individuare gli specialisti curanti di riferimento. Tutto questo non
solo per permettere alle gestanti di vivere un momento così prezioso ed irripetibile nel modo più
sereno possibile, ma anche per prevenire disturbi nella relazione mamma bambino, patologie
clinicamente più rilevanti nel post partum o conseguenze sull’andamento della gravidanza (basso
peso alla nascita, preeclampsia, parto pretermine).
È stato ad esempio evidenziato come la manifestazione di un disturbo d’ansia in gravidanza triplichi
la probabilità di sviluppare un disturbo depressivo nel postpartum. Sebbene la prevalenza del
disturbo d’ansia in gravidanza sia simile a quella di altre fasi della vita della donna, questo riguarda
circa il 13-15 % (sebbene calcolato su popolazione non italiana) 1 2 , dati che sollecitano attenzione,
sia per una pronta presa in carico, sia in ottica preventiva.
Lo stesso vale per i disturbi sul versante depressivo in gravidanza che, va sottolineato, sono tra i
principali fattori di rischio per la depressione post partum. Sono ancora pochi i dati sulla
popolazione italiana, ma si stima che una percentuale di donne, che varia dal 10-16 al 14-23%,
soffra di disturbi dell’umore in gravidanza 3 , con una prevalenza superiore nel primo trimestre 4 , forse
anche in relazione alle difficoltà nell’accettare lo stato di gravidanza e per le paure a questo legate,
in particolare quando non attesa. La percentuale di donne che in questa fase, riceve una corretta
diagnosi e terapia è piuttosto bassa, sia per la resistenza nel rivolgersi agli specialisti del settore, che
per la difficoltà a differenziare tra reali sintomi depressivi conclamati e fisiologiche e temporanee
flessioni del tono dell’umore, legate a naturali cambiamenti del corpo, del peso, del ritmo
sonno/veglia, tipici dell’evoluzione della gravidanza, che provocano stanchezza fisica, mentale ed
emotiva, a causa di cambiamenti fisiologici ed ormonali.
Da quanto riportato, emerge ancora una volta la delicatezza e l’importanza che il periodo della
gravidanza rivestono nella vita di mamma e bambino. Per questa ragione, affinché le madri siano
accompagnate e “contenute” e MAI lasciate sole è importante che vengano superati timori e
resistenze e che ci si rivolga tempestivamente a psicoterapeuti competenti nel sostenere le donne in gravidanza.
Per quanto fin qui evidenziato l’Associazione Eco ha attivato un servizio volto al sostegno e accompagnamento ad una genitorialità serena e consapevole oltre che a prevenire e trattare disturbi delle donne in gravidanza e nel puerperio.
Dr.sse Chiara Delia e Consuelo Aringhieri