DALLA STORIA INDIVIDUALE ALLA STORIA FAMILIARE. IL GENOGRAMMA IN TERAPIA
Come le radici di un albero costituiscono le fondamenta da cui esso si genera e si sviluppa, allo stesso modo le persone non possono crescere, svilupparsi, individuarsi, a prescindere dalla famiglia che dà loro la vita. Non possiamo comprendere appieno noi stessi se non conosciamo il mondo da cui proveniamo, le persone, le relazioni che ci hanno preceduti e di cui siamo il frutto, nel bene e nel male. Nel contesto familiare di appartenenza si trovano risorse e limiti, possibilità e vincoli, lealtà e libertà.
In terapia sistemica partiamo dal concetto dell’individuo come “essere in relazione” (Cigoli, 1997) e dall’assunto che la patologia non è mai esclusivamente nel singolo soggetto, ma sempre chiama in causa processi e dinamiche relazionali. Al di là dei diversi orientamenti teorici che possiamo trovare in psicoterapia, l’esperienza clinica dimostra quanto sia importante all’interno del contesto terapeutico poter esplorare la storia familiare e personale della persona che ci porta una sofferenza. Ciò non si traduce in alcun modo nella ricerca di relazioni causali dirette o, ancora peggio, nella ricerca di ‘colpevoli’: come sostiene Virginia Satir, ciò che è avvenuto ad un dato momento in un dato sistema familiare rappresenta il meglio che ciascuno, in quel sistema e in quel momento poteva fare, e se qualcosa è andato per il verso sbagliato è perché in quel momento non si poteva fare diversamente. La buona notizia è che, ad un certo punto, da adulti, si ha la possibilità di riconoscere e accettare ciò che è stato, dare valore e significato a ciò che si è vissuto, accogliendo le emozioni talora intense e disturbanti e imparando ad agire diversamente per riprendere in mano la propria vita (Satir, 2005). Questo significa cominciare a ri-conoscere la realtà, chiamare le cose con il loro nome, assumersi la responsabilità di cambiare ciò che non si ritiene adeguato per sé, riconoscendo e prendendo quanto di buono ci è stato dato e lasciando andare ciò che invece sentiamo non appartenerci.
Rispetto all’esplorazione delle matrici familiari, in psicoterapia sistemica si assume che l’influenza familiare non si limiti a quella esercitata dalla famiglia d’origine della persona, ma abbia radici ben più lontane, realizzandosi attraverso forze intergenerazionali e transgenerazionali che a livello inconsapevole, transitano attraverso le generazioni e incidono sulle relazioni e sugli accadimenti attuali: queste forze si estrinsecano attraverso modelli, ruoli, valori, credenze, aspettative, modalità di interpretazione della realtà e di comportamento, condivisi implicitamente all’interno della famiglia e tramandati attraverso gli scambi generazionali.
Come accedere a questo vasto e sconosciuto mondo fatto di trame e intrecci sottili e impliciti?
In terapia ci viene in aiuto un potente strumento che ha valore sia diagnostico che clinico, il Genogramma Familiare, introdotto da Murray Bowen: in prima analisi si tratta della rappresentazione grafica del proprio albero genealogico, realizzata tuttavia basandosi sul vissuto personale relativo a eventi, persone, relazioni e contenuti narrati, cercando di risalire indietro nel tempo di almeno tre generazioni. Normalmente il genogramma viene realizzato durante una seduta di terapia, può essere fatto all’inizio oppure più avanti, a seconda delle esigenze e degli obiettivi condivisi con il paziente. Esso richiede alla persona di annotare, attraverso simboli convenzionali, i componenti della propria famiglia e i legami reciproci, specificando, se possibile, date di nascita, morte, matrimoni ed altri eventi significativi (trasferimenti, traslochi, separazioni, divorzi, lutti, incidenti, aborti, adozioni). Si esplorano le relazioni tra le persone, sia in senso verticale (relazione genitore figlio) che in senso orizzontale (relazioni tra fratelli), nonché i legami di coppia coniugali (come le persone si sono conosciute , se e come si sono scelte, come hanno deciso di sposarsi e/o di costruire una famiglia); si cerca se possibile anche di rilevare il contesto socio-culturale e storico di appartenenza che può influire sul modo di prendersi cura della famiglia e dei figli. Il genogramma rappresenta una sorta di ‘mappa’ del sistema familiare, che non soltanto racchiude concreti dati anamnestici, ma soprattutto, consente la narrazione della storia e della trama familiare, così come si è costruita attraverso i passaggi generazionali.
Attraverso questo strumento, diventa possibile mettere in luce modelli, regole, valori del sistema familiare, che sono stati tramandati di generazione in generazione. Si possono cogliere connessioni, ridondanze, ossia eventi che si ripetono, talora anche cronologicamente (pensiamo alle ripetizioni di nomi, ad esempio dare ad un figlio il nome di un antenato, per onorarlo, ricordarlo); si possono portare alla luce i segreti familiari, i “non detti”, evidenziare i miti e i cosiddetti mandati familiari, che si concretizzano sotto forma di regole, prescrizioni e doveri (“si deve studiare, ci si deve laureare” oppure “bisogna sposarsi”, “avere figli”, ecc…). Dinnanzi a tutto questo si può avviare una riflessione congiunta tra il terapeuta e il paziente su molteplici aspetti: quale significato ha per il paziente il tema emerso? Quanto di tutto questo il paziente sente che gli appartiene? Quanto ci crede? Quanto lo vincola?
Attraverso la narrazione emergente, viene sollecitata la presa di consapevolezza delle più ampie dinamiche familiari e della propria collocazione nelle stesse da parte del paziente: questo può favorire una diversa lettura e una più profonda comprensione degli eventi, generando una maggiore assunzione di responsabilità rispetto al proprio ruolo nella storia familiare, elaborando e mitigando, al contempo la sofferenza per eventuali situazioni tossiche e negative.
Il paziente viene incoraggiato a focalizzare l’attenzione sul significato rispetto al proprio e altrui modo di percepirsi, relazionarsi, comportarsi nonché sull’importanza di assumere un ruolo attivo nel riconoscere e cambiare ciò che non funziona. La riflessione sui propri vissuti e su ciò che accade nelle interazioni accresce la competenza relazionale della persona ampliando il campo di osservazione, stimolando una ri-narrazione della propria storia, in cui ri-scoprirsi finalmente protagonisti con nuove e diverse possibilità dinnanzi a sé.
Il lavoro svolto attraverso il genogramma implica un profondo e impegnativo lavoro di consapevolezza, non scevro da dolore e fatica. Consente al paziente di riappropriarsi e ricongiungersi con la propria storia e le proprie radici, riconoscendo e portando alla luce dolori non elaborati, ma che finalmente possono essere visti, sentiti, detti, riconosciuti: finalmente diventa possibile dar loro nome e significato, stemperando in questo modo la carica distruttiva che eventi traumatici e dolorosi portano con sé, attraverso il tempo e generazioni diverse.
Concludo riportando le parole di Vittorio Cigoli, terapeuta familiare:
“ Farsi consapevoli e rendersi responsabili: ecco svelato il metodo, vale a dire la via per la trasformazione possibile dei legami familiari operata dai suoi membri grazie all’intervento clinico”(Cigoli, 1997), includendo nella responsabilità anche e soprattutto l’apertura alla comprensione, alla speranza e al perdono, ove possibile, accogliendo le zone d’ombra della nostra esistenza per vivere nel qui e ora, come protagonisti in grado di dirigere con intenzione e consapevolezza il proprio percorso di vita.
Dr.ssa Katia Querin
Bibliografia
Bowen M., “La valutazione della famiglia”, Casa Editrice Astrolabio 1990.
Cigoli V., “Intrecci familiari”, Rffaello Cortina Editore, 1997.
Satir V., “ In famiglia come va? Vivere le relazioni in modo significativo” Editrice Impressioni Grafiche, 2005.