Storia del Narcisismo, ieri e oggi
“Per il narcisista,
il mondo è uno specchio”
(Lasch, 1979)
L’origine etimologica del termine narcisismo deriva dal greco narkào che significa stordire, in relazione all’intenso profumo del relativo fiore.
Il termine narciso deriva infatti dal Mito Greco descritto nelle Metamorfosi di Ovidio, in cui un bel giovane di nome Narciso respinge una lunga schiera di pretendenti, tra i quali vi è la ninfa dei boschi Eco, nota per le sue grandi doti di conversazione e persuasione. La stessa era stata incaricata da Zeus ad intrattenere la moglie Era durante i suoi incontri amorosi; quest’ultima, resasi conto dell’inganno, punisce la ninfa privandola della parola. Quando la ninfa Eco incontra il bel Narciso se ne innamora e lo segue ovunque, la sua silenziosa presenza irrita Narciso che la respingerà bruscamente finché lei non morirà d’amore. La Dea Artemide quando scopre cosa accade, condanna Narciso ad innamorarsi senza poter soddisfare mai la propria passione e lo accompagna vicino una fonte di acque chiare e trasparenti. Narciso nota la sua immagine riflessa nelle acque, se ne innamora perdutamente e, nel tentativo di abbracciare la sua stessa immagine, muore trasformandosi in un fiore, il narciso, che cresce solitamente lungo i bordi dei corsi d’acqua. Un’altra versione del mito vuole che Narciso resosi conto di non poter raggiungere la sua amata immagine riflessa nell’acqua, muoia dal dolore cosicché, poi, dal suo corpo nasca il fiore Narciso (Migone, 1993).
In entrambe le versioni del mito, se ci pensiamo, l’innamorarsi follemente della propria immagine ovvero divenire narcisisti viene interpretato come una forma di punizione per l’incapacità di amare e riconoscere l’altro privando di equilibrio e reciprocità la maggior parte dei rapporti interpersonali.
In ambito clinico e psicopatologico, questo termine è stato nel tempo utilizzato per riferirsi a vari fenomeni passando da una perversione a un fenomeno socioculturale: dal funzionamento psicotico di pazienti molto gravi a quello normale, a fasi dello sviluppo psicosessuale, a difese da angosce di tipo schizoparanoide e depressivo e ad un definito Disturbo della Personalità.
“È sotto gli occhi di tutti: viviamo in una società ossessionata dall’apparire,
brulicante di Narcisi persi nella propria immagine riflessa” (Mancia, 2010).
Il narcisismo nel nostro contesto socio-culturale
Oggi, quando si parla di “narcisismo” tendenzialmente si riferisce a un interesse o una preoccupazione relativa al Sé su un continuum che va dalla sanità alla patologia (Ronningstam, 2001); ricordiamo infatti che aspetti narcisistici riguardano tutti noi.
D’altra parte anche il nostro contesto socio-culturale ha importanti dimensioni narcisistiche difatti lo scopo delle nostre principali attività vitali è il raggiungimento immediato della gratificazione e dell’arricchimento personale. Proprio perché viviamo all’interno di un orientamento culturale teso all’estrema valorizzazione del Sé, il termine “narcisista” è utilizzato in svariati modi e accezioni e di conseguenza a volte è complesso fare una distinzione tra narcisismo sano e narcisismo patologico ovvero tra gli adattamenti socio- culturali richiesti dalla nostra società ed una patologia narcisistica.
Siamo in presenza di narcisismo sano, quando vi è una certa dose di amor proprio ed egocentrismo essenziale per la salute e l’equilibrio psicologico di ognuno di noi, esso rappresenta l’estremo di un continuum al cui opposto ritroviamo invece il cosiddetto narcisismo patologico caratterizzato da un abnorme bisogno di affermazione, apprezzamento e attenzioni (Gabbard, 2015).
Il narcisismo sano o normale è una componente essenziale del funzionamento umano poiché influenza le nostre attività di autoconservazione, autoregolazione e autoaffermazione (Ronningstam, 2001). In questo ritroviamo, infatti, non solo empatia interpersonale e preoccupazione sociale ma anche una regolare dimensione di vanità ed esibizionismo.
D’altra parte, quando vi è una patologia narcisistica si ravvisa una certa rigidità, persistente insensibilità verso gli altri, una generale tendenza allo sfruttamento e mancanza di reciprocità nelle relazioni interpersonali (ibidem). Gli individui con una patologia narcisistica infatti sembrano essere incapaci di amare, non percepiscono gli altri come persone che hanno un’esistenza separata o esigenze specifiche ma “oggetti” necessari per il soddisfacimento dei propri bisogni.
Concludendo, possiamo affermare che una strategia utile per distinguere le due forme di narcisismo può essere quella di valutare la qualità delle relazioni interpersonali dell’individuo, avendone visto le differenze e le caratteristiche e ricordando che anche le varie fasi del ciclo vitale sono un punto imprescindibile in questa valutazione, si pensi alla comprensibile e funzionale quota sana di narcisismo durante la fase evolutiva dell’adolescenza.
Dr.ssa Maria Grazie Esposito
BIBLIOGRAFIA
– Gabbard, G. O. (2015) Psichiatria Psicodinamica. Quinta edizione basata sul DSM-5. Psichiatria Psicoterapia Neuroscienze Raffaello Cortina Editore 2015;
– Lasch, C. (1979), La cultura del narcisismo. L’individuo in fuga dal sociale in un’età di disillusioni collettive. Tr. It. Bompiani, Milano 1981;
– Mancia, M. (2010), Narcisismo. Il presente deformato dallo specchio, Bollati Boringhieri;
– Migone, P. (1993), Il concetto di narcisismo. Rivista Il ruolo terapeutico 1987;
– Ronningstam, E. F. (a cura di) (2001), I disturbi del narcisismo. Diagnosi, clinica, ricerca. Psichiatria Psicoterapia Neuroscienze, Raffaello Cortina Editore;