Finalmente in zona bianca, più tempo per condividere e fare, le tanto agognate vacanze si avvicinano, via alle mascherine all’aperto e…non c’è più il coprifuoco! Tutto meraviglioso, fino a quando non ti ritrovi nuovamente a discutere con tuo figlio adolescente sugli orari, sui limiti, sui comportamenti a rischio fuori casa, sul “Che palle ma’”. E ti chiedi: “Forse era meglio quando potevo controllarlo a casa, certo, stava sempre in camera e al cellulare ma almeno sapevo dov’era?”
È opinione comune, dimostrata dalle molte ricerche in merito, che la lunga chiusura forzata, dovuta alle restrizioni del lock down, abbia causato effetti devastanti su un periodo già di per sé complesso come quello adolescenziale, ma, restituire con gli interessi libertà e concessioni mai avute, sarà troppo? Esiste un labile confine tra la cura della socialità dei nostri figli ed un eccesso di permissivismo? Per non parlare dei rischi che un genitore può o meno assumersi nel corso di una crisi sanitaria tutt’altro che vicina ad un epilogo.
Quindi occorre fare un passo indietro, perché quello della gestione adolescenziale, è sempre stato un aspetto complesso, ben prima del Covid – che come sappiamo, ha acutizzato queste ed altre problematiche.
Analizziamo un attimo la situazione: l’adolescenza è una fase di vita straordinaria ma allo stesso tempo disorientante, sia per quanto riguarda il vissuto degli adolescenti, sia per il vissuto di coloro che degli adolescenti devono prendersi cura. In questa fase di costruzione identitaria (corporea, sessuale, sociale), è fondamentale per l’adolescente la possibilità di esplorare il mondo esterno e di mettersi alla prova, confrontandosi con il gruppo dei pari. L’adolescente tende a ricercare maggiore indipendenza, mettendo in discussione l’autorità genitoriale e testandone e trasgredendone, frequentemente, limiti e confini.
Sappiamo che i cambiamenti che avvengono a livello cerebrale nei primi anni dell’adolescenza predispongono alla comparsa di caratteristiche mentali specifiche come ricerca di novità, coinvolgimento sociale, maggiore intensità emotiva ed esplorazione creativa e come tutto questo possa portare a disregolazione emotiva. Di cosa si tratta?
La regolazione delle emozioni è quel processo di generazione, monitoraggio, valutazione e modifica delle reazioni emotive al fine del raggiungimento di un obiettivo (Thompson, 1994). Una regolazione delle emozioni pienamente funzionale richiede la capacità di riconoscere il significato emotivo degli stimoli percepiti, di attivare un processo regolativo e di scegliere e attuare una strategia appropriata, processo che richiede il coordinamento di processi cerebrali multipli ad alto livello, e le competenze cognitive sociali, come la capacità di comprendere e considerare il punto di vista dell’altro e dove anche il ruolo genitoriale gioca un ruolo fondamentale (Sheppes et al., 2015).
Su quest’ultimo fondamentale punto, si teorizza, come lo sviluppo di un attaccamento sicuro nei confronti di persone significative nella prima infanzia sia essenziale per lo sviluppo di una regolazione emotiva. Un danneggiamento nella formazione di una rappresentazione interiore sicura può compromettere sostanzialmente l’acquisizione delle capacità di regolazione emotiva nell’infanzia e portare a uno scarso adattamento sociale più avanti. Già Bowlby, il padre della teoria dell’attaccamento, sottolineava come la caratteristica più importante nell’essere genitore sia il fornire una base sicura da cui partire per affacciarsi nel mondo esterno e a cui tornare sapendo che si sarà il benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo, confortato se triste, rassicurato se spaventato (Bowlby, 1989).
Capiamo, quindi, come in questo processo di maturazione sia possibile incontrare stati di disregolazione emotiva nell’adolescente, in cui il comportamento espresso traduce l’incapacità di regolare i propri stati emotivi interni, organizzare l’esperienza e le risposte comportamentali in modo funzionale; le emozioni possono essere vissute in modo eccessivo, con livelli di attivazione al di sopra dei limiti della finestra di tolleranza – “iperattivazione” oppure al di sotto dei limiti della finestra di tolleranza – “ipoattivazione” (con finestra di tolleranza si intende il range di intensità emotiva che ognuno di noi è in grado di tollerare senza interrompere la funzionalità del nostro sistema, per un approfondimento, Siegel, 2013).
In tutto questo già complesso quadro, l’attuale emergenza sanitaria ha implicato un contesto fisico, sociale e culturale che ha reso ancor più difficile fronteggiare questo delicato momento evolutivo. Lo stravolgimento delle abitudini di vita, il distanziamento sociale, il senso di incertezza e precarietà, il maggior tempo trascorso davanti agli schermi, la ridotta attività fisica, sono alcuni degli elementi che hanno ostacolato la possibilità e la necessità di sperimentare ed esplorare tipica di questa fase evolutiva. Vari studi recenti hanno messo in luce come vi sia stata una correlazione tra l’isolamento protratto e il rischio di incorrere in disturbi depressivi, soprattutto nel genere femminile (Loaded at al, 2020), e come la percezione di solitudine sia correlata a maggiore stress attivando una cascata neurobiologica con effetti nefasti sul piano fisico e psicologico (Park, et al., 2020).
Quindi, se tuo figlio adolescente, soprattutto dopo il lock down e le varie restrizioni che ha comportato, non vede l’ora di uscire, protesta rispetto alle regole e all’autorità genitoriale, è impulsivo, ha frequenti sbalzi d’umore e non ha interesse nel confrontarsi con te… benissimo, segnale positivo che ci troviamo nel regolare processo! Ed è anche assolutamente normale che tu genitore abbia questa ambivalenza nel dare limiti, dopo un periodo così complicato, trovandoti di fatto ad oscillare tra uno stile genitoriale molto rigoroso, e una modalità indulgente, che tende a minimizzare regole, aspettative e richieste. Quindi, come muoversi in tutto questo?
L’obiettivo da porsi è quello di trovare un equilibrio “tra clemenza e rigore”. In che modo? Bilanciando il supporto e la guida, quando è necessario o i ragazzi lo richiedono, concedendo al tempo stesso spazi di libertà per aiutare il ragazzo a diventare indipendente; ponendo dei limiti ma offrendo possibilità di scelta, in un mix di fermezza e gentilezza, per cui scegliere le priorità non negoziabili nel rapporto genitori-figli; fornendo le radici dell’appartenenza e le ali per esplorare e conoscere la vita da sé (Harvey & Rathbone, 2021).
Possiamo, inoltre, sforzarci di non giudicare direttamente i comportamenti dei nostri ragazzi come buoni o cattivi in sé, ma come espressione di bisogni che si esprimono nella relazione di attaccamento. Provando a mettere da parte temporaneamente i nostri pensieri e emozioni, possiamo ascoltare empaticamente quelli dei nostri ragazzi, comprendendo come il conflitto faccia parte dell’attaccamento e sia costruttivo. Nel conflitto, infatti, gli adolescenti cercano di bilanciare i loro bisogni di indipendenza con quelli di connessione.
Nel far questo, occorre che il genitore non dimentichi che l’unico modo per avere energie e risorse sufficienti a prendersi cura del proprio figlio adolescente sia prendersi cura di sé stessi. Come già sosteneva la Lihenan nel 1993, insegnare a sé stessi come calmarsi, distrarsi e consolarsi in circostanze difficili e dolorose è fondamentale per ridurre l’intensità delle emozioni e superare il momento di crisi senza peggiorare le cose.
In sostanza: prova a fare un passo indietro prima di reagire al comportamento, respira, ascolta, mettiti nei panni e confrontati empaticamente con tuo figlio, senza dimenticarti il tuo ruolo di autorità genitoriale in grado di imporre regole e limiti anche non concordi al desiderio di tuo figlio ma agite al fine ultimo del suo benessere e tutela. Una crescita sana passa anche attraverso la rottura di equilibri in un costante tiro alla fune con il genitore, chiamato a lasciar liberi i figli, dar loro fiducia, accettarne le scelte – contenendo le proprie naturali ansie, come gli inevitabili disaccordi – ma anche a porre limiti, regole e confini, e a fare da “base sicura” a cui poter fare ritorno nei momenti di bisogno.
Dott.ssa Giacone Giulia
Riferimenti bibliografici:
Bowlby, J. (1989). Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento. Raffaello Cortina Editore, Milano.
Harvey, P., & Rathbone, B. H. (2021). Adolescenti con emozioni intense: Come gestire con la DBT le sfide emotive e comportamentali di tuo figlio. FrancoAngeli Editore, Milano.
Linehan, M. (1993). Skills training manual for treating borderline personality disorder (Vol. 29). New York: Guilford press. Trad.it. DBT Skills Training. Manuale-schede e fogli di lavoro. Con USB card. (2015). Raffaello Cortina Editore, Milano.
Loades, M. E., Chatburn, E., Higson-Sweeney, N., Reynolds, S., Shafran, R., et al., (2020). Rapid Systematic Review: The Impact of Social Isolation and Loneliness on the Mental Health of Children and Adolescents in the Context of COVID-19. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry, 59(11):1218–1239.
Park, C., Majeed, A., Gill, H., Tamura, J., Ho, R.C., Mansur, R.B., Nasri, F., Lee, et al. (2020). The Effect of Loneliness on Distinct Health Outcomes: A Comprehensive Review and Meta-Analysis. Psychiatry Research, 294:113514.
Sheppes, G., Suri, G., Gross, J.J. (2015). Emotion regulation and psychopathology. Annu. Review of Clinical Psychology. 11, 379–405.
Siegel, D. J. (2013). La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza interpersonale. Raffaello Cortina Editore, Milano.
Thompson, R.A. (1994). Emotion regulation: a theme in search of definition. Monographs of the Society for Research in Child Development Society for Research in Child Development. 59, 25–52.