GAP: giodo d’azzardo patologico
La patologia da gioco d’azzardo rappresenta un argomento di indiscusso interesse, dato il crescente numero di soggetti che manifestano comportamenti inappropriati di gioco.
L’analisi del tema richiede un approccio che comprenda lo studio di più componenti: quella storica, quella sociale e naturalmente quella clinica.
Risulta infatti necessario approcciarsi all’argomento con un’ottica sistemica, considerando tutti i fattori che hanno contribuito, nel corso degli ultimi decenni, alla costruzione di una nuova categoria nosografica, quella del giocatore d’azzardo patologico.
Il presente articolo intende pertanto analizzare il fenomeno da più punti di vista, consapevole della multifattorialità che contraddistingue tale patologia, ma che comunque non esula da un dato importante: la crescente offerta di prodotti di gioco d’azzardo lecito che ha caratterizzato gli ultimi vent’anni.
Partiamo da un dato storico e sociale: scommettiamo da sempre!
La previsione di un evento incerto e futuro infatti, è sempre stato un elemento presente nella storia dell’umanità. Gli antichi erano soliti lanciare i dadi per conoscere la volontà delle divinità. I primi dadi sono stati rinvenuti in Cina e risalgono a più di 5000 anni fa. L’origine etimologica della parola “azzardo” deriva dal francese “hasard”, che a sua volta deriva dall’arabo “az-zahr”, che significa, appunto, dado.
In italia, fino al 1992, il gioco d’azzardo veniva considerato tra i rischi rilevanti per l’ordine sociale, la legalità ed i conti finanziari pubblici, indi per cui la governance prevedeva l’autorizzazione, il controllo, la repressione e la sanzione del gioco attuato fuori dei canoni consentiti dalla normativa, secondo un paradigma molto semplice: tutto illegale, salvo che in poche modalità autorizzate dalla legge.
Sul finire del Novecento, nel 1992 sull’Italia gravavano dei seri rischi di default del debito pubblico ed il gioco pubblico d’azzardo divenne progressivamente uno strumento per incrementare le entrate erariali dello Stato, un’asse della politica nazionale per avvicinare il più possibile il prelievo tributario ai fabbisogni crescenti della spesa pubblica. Sulla spinta dell’emergenza finanziaria, il gioco pubblico si trasformò in una fonte importante di entrate fiscali e tributarie: iniziò, così, un’escalation velocissima ed il consumo di gioco aumentò.
Tra il 1999 e il 2000 gli italiani spendevano all’anno circa 10 miliardi di euro in giochi.
Arriviamo al 2003, anno in cui si arriva alla costruzione della economia finanziaria dei giochi e si attua la decisione di diffondere capillarmente i giochi: lotterie istantanee, 350 mila slot machines collocate ovunque, poker on line. La spesa in azzardo di 17,5 miliardi del 2003 passa a 35,4 nel 2006, per arrivare a 54,4 nel 2009, e a 60 miliardi nel 2010. Una corsa che si attesta sugli 88,5 miliardi registrati nel 2012, in netta controtendenza con la pesante recessione economica.
Il circuito del gioco d’azzardo durante il 2017 ha raggiunto la cifra record di 101,8 miliardi e nel 2018 di oltre 105 miliardi. In Italia si è giocato sempre di più, a dispetto di crisi economiche e crisi del mercato del lavoro. Rimane da capire cosa succederà nel futuro, tenuto in conto dell’impatto del Covid – 19 sulla nostra economia.
Questo è il tessuto storico, sociale ed economico da cui partire, ma, come detto, la comprensione della patologia da gioco d’azzardo deve necessariamente considerare altri punti.
Il gioco d’azzardo patologico viene considerato una forma di dipendenza comportamentale che presenta alcuni tratti caratteristici in comune con la dipendenza da sostanze stupefacenti. Sono infatti presenti sintomi legati all’assuefazione, all’astinenza, alla perdita di controllo, all’evitamento di stati emotivi negativi.
Assai frequente è il fenomeno definito “rincorsa della perdite”, condizione che si presenta spesso anche in giocatori con bassi livelli di problematicità, per cui il soggetto gioca sempre di più nel tentativo di recuperare il denaro perso.
Anche in riferimento allo studio delle cause della patologia da gioco, è utile rifarsi ad un’ottica multidimensionale che consideri più aspetti: fattori socio ambientali, fattori neurologici e fattori individuali.
I primi fanno riferimento al contesto familiare, alle abitudini del gruppo dei pari, alle reti di sostegno sociale e all’ambiente culturale in cui un individuo vive. L’azzardo patologico sembra colpire prevalentemente le persone di sesso maschile, con un basso livello di istruzione, con un basso livello economico o disoccupati. Un livello di istruzione medio-alto, in grado di fornire abilità analitiche e di ragionamento più raffinate, può agire come fattore di protezione contro la generazione di pensieri falsi e irrazionali. Un fattore di rischio ambientale è costituito dalla presenza in famiglia di giocatori problematici o patologici. Infatti, gli individui i cui genitori hanno avuto problemi di gioco, possono andare incontro maggiormente all’acquisizione di un comportamento maladattivo di gioco.
Per quanto concerne i fattori neurobiologici, gli studi ipotizzano che nei giocatori patologici ci siano disfunzioni nei sistemi di produzione, alterazione e rilascio di neurotrasmettitori quali la serotonina, la dopamina e la noradrenalina. La serotonina, che ha un ruolo fondamentale nell’iniziazione e nella disinibizione comportamentale, se presente in quantità troppo basse, risulta correlata a livelli elevati di impulsività, alla ricerca di sensazioni forti e ai disturbi del controllo degli impulsi
Inoltre, anche il sistema di produzione, alterazione e rilascio della noradrenalina, considerato alla base della sollecitazione, dell’eccitazione e della ricerca di sensazioni forti, può essere implicato nel gioco d’azzardo patologico.
In riferimento invece ai fattori individuali, alcune ricerche hanno identificato i tratti di personalità del giocatore d’azzardo ed attualmente esiste un accordo nella comunità scientifica sulla presenza di alcuni tratti temperamentali quali impulsività, ricerca di sensazioni forti (sensation seeking), ricerca di novità (novelty seeking) e accettazione di comportamenti a rischio (risk taking behaviour).
Come visto, lo scenario è molto complesso e la presa in carico di un giocatore patologico richiede interventi a più livelli che coinvolgono l’individuo (e spesso anche la famiglia) non solo su un piano strettamente clinico, ma anche su uno più pratico e quotidiano legato alla gestione del denaro, al monitoraggio del budget giornaliero, all’individuazione di strumenti di prevenzione per le ricadute e all’impiego del tempo libero.
Psicologo Psicoterapeuta