Tag: <span>affettività</span>

PERCHE’ SERVE LO PSICOLOGO A SCUOLA?

Lo psicologo scolastico è sempre più richiesto nelle scuole di ogni ordine e grado, a partire dalle scuole primarie fino ad arrivare alle scuole cosiddette Superiori (Secondarie di secondo grado). Tale figura professionale viene identificata come utile e facilitante verso la creazione di un ambiente maggiormente positivo nell’ambito scolastico. Obiettivo primario dello psicologo scolastico è quello infatti di creare un ambiente sereno e cooperativo al fine di supportare le relazioni tra tutte le persone che afferiscono all’istituzione scolastica (studenti, famiglie, insegnanti, personale scolastico) per favorire un clima di serenità che supporti l’apprendimento, la gestione dello stress dell’insegnamento e rafforzi le relazioni tra famiglie-scuola e comunità territoriale.

Lo  psicologo scolastico è dunque focalizzato ad accogliere e a rispondere ai bisogni della scuola intesa come un sistema complesso costituito da individui, gruppi ed istituzioni in interazione tra loro.

Gli ambiti di intervento dello Psicologo all’interno delle scuole sono diversi in base all’ordine e grado della Scuola e delle esigenze territoriali, tuttavia possiamo individuare alcuni settori in cui tendenzialmente il professionista è chiamato ad operare.

L’ambito primario d’intervento è il supporto ai minori con situazioni di disagio (difficoltà emotive, relazionali o svantaggio sociale/culturale) e ai ragazzi con esigenze educative speciali (BES, DSA, difficoltà legate al comportamento e all’impulsività).

Spesso le manifestazioni di rabbia, aggressività, condotta indisciplinata e svogliatezza nascondano un malessere che va al di là del conflitto con i compagni o i docenti. Talvolta sono presenti sintomi ansiosi, fatica a sentirsi parte integrante della classe, percezione di non valere quanto si vorrebbe e inefficacia da un punto di vista del profitto nonostante gli sforzi messi in atto. Lo psicologo aiuta lo studente a fare luce su ciò che sta vivendo e a costruisce con lui un percorso per stare meglio, affrontando il problema in modo personalizzato.

La prevenzione e l’individuazione precoce di segnali di disagio che potrebbero in futuro esitare in patologie conclamate (disturbi d’ansia, disturbi alimentari, consumo di alcol e droghe, autolesionismo, comportamento dirompente, bullismo, …) sono l’ambito d’intervento privilegiato dello sportello d’ascolto per attuare la propria mission di prevenzione: un ascolto precoce, un’accoglienza non giudicante, un sostegno nel costruire un cambiamento sono un bene prezioso per i ragazzi.

In alcuni casi, quando la situazione richiede un intervento prettamente clinico, il professionista effettua un invio ai servizi del territorio per una presa in carico più approfondita e a lungo termine.

Lo psicologo a scuola lavora inoltre con insegnanti e ragazzi sull’inclusione di allievi e famiglie straniere che accedono ai servizi educativi e alle scuole del territorio, con attenzione a fornire anche un supporto alla genitorialità.

Un altro ambito in cui lo psicologo scolastico opera è la progettazione, realizzazione e/o supervisione di interventi in aula su tematiche legate alla formazione e alla prevenzione. Molto spesso allo psicologo è richiesto di lavorare con i gruppi classe, strutturando dei veri e propri percorsi sui temi rilevanti in base alla fascia d’età: la gestione delle emozioni, la prevenzione del bullismo, l’educazione all’affettività e alla sessualità, la conoscenza e prevenzione delle dipendenze (fumo, sostanze, gaming, affettive, smartphone e social).

I nostri ragazzi vivono contemporaneamente nel mondo reale e nel mondo del web e dei Social Network: il confronto con i modelli proposti, le prese in giro, la perdita di senso e di direzione nel loro percorso di crescita può diventare molto pericolosa, se non intercettata. Inoltre spesso le modalità disfunzionali di gestione dei conflitti in classe, tra pari, (ma anche tra docente-studente, genitori-insegnanti) possono essere migliorate con training psico-educativi sulla gestione delle proprie emozioni e sulla consapevolezza delle proprie modalità comunicative, riportando in aula, e fuori, un clima maggiormente costruttivo.

Lo psicologo può sostenere  anche i docenti nella comprensione delle classi difficili e nel contenimento dei rischi di burn out. I casi di cronaca riportati dalle testate giornalistiche dimostrano quanto frequentemente la scuola e le relazioni che gravitano intorno ad essa possono diventare teatro di conflitti violenti, con escalation di atti violenti e aggressioni fisiche e verbali.

Le attività in classe rappresentano una risorsa importante perché permettono allo psicologo di avvicinare tutti i ragazzi e farsi conoscere, costruendo un clima di fiducia e una prima relazione, permettendo anche a chi è più timido, scettico o riluttante al confronto di considerare l’idea di aprirsi con un estraneo. Gli incontri sul tema dell’ educazione sessuale, ad esempio, sono un’ottima occasione per entrare in contatto e in relazione con i ragazzi. Ci tengo inoltre a sottolineare che l’educazione sessuale  e affettiva è una materia di insegnamento obbligatoria nella maggior parte dei paesi dell’Unione Europea: in questo momento  fanno eccezione soltanto alcuni Stati membri, tra cui l’Italia. Quando è presente nell’Istituzione scolastica lo psicologo è spesso chiamato a effettuare questa tipologia di attività veicolando le  conoscenze specifiche e le abilità relazionali promosse in base alle fasce d’età, come indicato dalle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

L’educazione sessuale e affettiva precoce è concepita come una forma di prevenzione primaria delle gravidanze indesiderate e delle malattie sessualmente trasmissibili oltre ad aiutare a prevenire forme di sfruttamento, coercizione e abuso sessuale, forme dipregiudizio e stereotipi legati all’identità di genere, discriminazioni basate sull’orientamento sessuale.

Un altro dei focus su cui si concentra lo psicologo scolastico è la prevenzione e la riduzione del fenomeno della dispersione scolastica. Rispetto al resto dell’Europa, l’Italia infatti presenta tassi di abbandono molto alti (al pari di Bulgaria e Malta): circa un 1% degli studenti abbandona la scuola Secondaria di primo grado e circa il 4% la scuola Secondaria di secondo grado.  

Tuttavia tutti gli sforzi messi in atto dallo Psicologo all’interno dell’Istituzione scolastica si scontrano spesso con la scarsità di risorse a disposizione della Scuola per garantire una presenza stabile e continuativa tale da permettere l’instaurarsi di relazioni significative e di fiducia. Spesso il professionista si trova ad avere così tante richieste di consulenza da dover effettuare delle scelte in base alle urgenze e differire nel tempo gli incontri con ragazzi che ugualmente portano un reale disagio ma in quel momento meno sintomatico, non riuscendo così a trovane un’immediata accoglienza o la continuità nel tempo che sarebbe loro sufficiente in molti casi ad alleviare le loro preoccupazioni. La scuola e lo sportello d’ascolto non si configurano come un luoghi di diagnosi o di psicoterapia, ma come spazi circoscritti di confronto, di de-compressione in cui lo studente, il docente, il genitore possono mettere a fuoco il disagio e ritrovare le fila del percorso d’intervento (qualora necessario).

Come viene sottolineato dalla legge e dai professionisti che vi operano, la scuola non è e non deve diventare un luogo di cura, ma spesso finisce per essere un “Triage” che necessita di invii ai Servizi specialistici sul Territorio, che sempre per la stessa ragione, ovvero l’esiguità di risorse investite per la salute mentale, in termini di prevenzione e cura, non riescono a fare fronte e prendere in carico le necessità richieste.

In Italia, restando fanalino di coda rispetto alla maggior parte dei Paesi Europei, non è ancora stata definita una legge che istituisca la figura dello psicologo scolasticocome professionista competente e presente stabilmente in tale contesto. Attualmente, esistono soltanto alcune norme che regolano molti aspetti dell’attività professionale dello psicologo che opera nella scuola. Allo stato attuale le scuole, in virtù dell’autonomia didattica ed organizzativa delle singole istituzioni (Legge 15 marzo 1997, n. 59) e della cosiddetta “Buona Scuola” (Legge 13 luglio 2015, n. 107), possono avvalersi di uno psicologo attraverso accordi con i singoli professionisti, con le aziende sanitarie locali, con gli uffici scolastici regionali, con gli studenti e le loro famiglie e su delibera degli organi collegiali, ricorrendo al contributo di enti, istituti bancari, associazioni, genitori o al Fondo d’Istituto.

La mancanza di uniformità a livello normativo fa emergere una situazione critica poiché le attività psicologiche a scuola talvolta non risultano realizzate esclusivamente dallo psicologo, come sarebbe previsto dalla legge nazionale, ma molteplici altre figure vengono inserite all’interno del contesto scolastico, previa presentazioni di progetti con tematiche legate alla promozione del benessere e della salute, provenienti da differenti formazioni. Ciò talvolta determina sovrapposizione e confusione soprattutto per i ragazzi e  le famiglie.

Attualmente, secondo il Disegno di Legge S. 2613 proposto, lo psicologo scolastico deve essere iscritto all’Ordine degli Psicologi, in possesso di laurea magistrale in psicologia, con specializzazione quadriennale nello specifico settore dell’età evolutiva e operare in uno spazio identificato, previo appuntamento, senza entrare in classe se non con il consenso informato dei soggetti coinvolti e delle famiglie in caso di minori. Secondo la Cassazione, infatti, gli psicologi possono stare in classe solo se i genitori degli alunni sono stati informati della loro presenza e hanno prestato il consenso. Il tema del consenso informato dei genitori di allievi minori, solleva non poche problematiche per lo psicologo che opera a scuola. Non è semplice reperire i consensi di entrambi i genitori, spesso non presenti entrambi nella vita del minore o in forte conflittualità tra loro, questo spesso impedisce o scoraggia i ragazzi a partecipare alle attività di Sportello, per evitare di reperire un genitore, magari focus del loro disagio o che sanno non essere d’accordo con la partecipazione al tipo di attività, per timori e pregiudizio circa il lavoro dello Psicologo e dei Servizi sociali e territoriali. Questo genera un grande sommerso in termini di intercettazione dei ragazzi più sofferenti o coinvolti in situazioni familiari più complesse, proprio i ragazzi talvolta che avrebbero più necessità di avere un momento di ascolto.

La pandemia di Covid-19 viene considerata un vero e proprio “evento cerniera”all’interno del contesto scolastico, capace di segnare un “prima” e un “dopo” sulla presenza dello psicologo nelle scuole. La diffusione di difficoltà psicologiche, in particolar modo di ragazzi e adolescenti, ha spinto a riconsiderare la presenza dello psicologo all’interno del contesto scolastico e per la prima volta c’è stata una promozione importante da parte dello Stato per l’inserimento di questa figura professionale. Con il protocollo siglato nel 2020 tra Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi e il Ministero dell’Istruzione, sono state definite le Linee di indirizzo per la promozione del benessere psicologico a scuola. Questo documento ha riportato in primo piano la figura dello psicologo, fondamentale per la promozione del benessere nel contesto scolastico scosso dal susseguirsi di lockdown, restrizioni e nuove forme di didattica online o mista. La realtà delle cose, come diretta conseguenza dell’emergenza, è stata l’istituzione, negli Istituti scolastici che ne erano ancora sprovvisti, di uno Sportello d’ascolto a cui gli studenti, gli insegnanti e i genitori, su prenotazione volontaria, potessero accedere e ricevere ascolto rispetto alla problematica emergente (ansia, difficoltà di apprendimento, comportamento alimentare). Lo specialista ha avuto la funzione di accogliere e riconfigurare il problema emergente per mezzo di un intervento di consulenza e orientamento.L’inserimento più diffuso dello Psicologo nell’istituzione scolastica durante la Pandemia ha aperto le porte a ragionare non più solo in un’ottica di riparazione, ma ha permesso di iniziare a pensare in termini di prevenzione attraverso l’ascolto, il confronto, l’informazione.

La speranza è che con il termine dell’emergenza e dei fondi stanziati in tale contesto, sia possibile per le Scuole continuare a sostenere queste attività e promuoverle come un bene primario, al pari dell’insegnamento della conoscenza.

Dott.ssa Consuelo Aringhieri

Psicologo – Psicoterapeuta