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IL MUKBANG WATCHING: il cibo come fenomeno controverso e ricco di contraddizioni

Il Mukbang Watching è un fenomeno on line emerso nel corso dell’ultimo decennio. Si tratta di esperienze relative al consumo di cibo condivise in rete, durante le quali le persone si abbuffano durante una diretta streaming. Il protagonista (Mukbanger) mangia un’enorme quantità di cibo (in genere “cibo spazzatura”) in pochissimo tempo mentre interagisce con il proprio pubblico, ostentando piacere, orgoglio ed enfatizzando attraverso sonori versi o gemiti di piacere il vissuto della propria esperienza.

Quale finalità può avere tale tipo di esperienza web? Qual è il senso di queste sessioni?

Forse per avere una risposta, in questo spaccato di vita seppur virtuale, dobbiamo partire da un’altra domanda: perché così tante persone sono attratte da un simile show?

Dare un’univoca risposta sarebbe certamente molto complesso e necessiterebbe di studi più numerosi e approfonditi in merito, tuttavia dalle ricerche esistenti sul tema a cui possiamo attingere, emerge che da una gran parte del pubblico questo show viene vissuto come la condivisione di esperienza importante rispetto ad alcuni propri bisogni personali.

Ripercorriamo le origini: il fenomeno nasce in Corea del Sud intorno al 2010, luogo in cui il rituale del cibo ha connotazioni culturali ben diverse da quelle del nostro Paese e di molte altre parti del mondo occidentale, in cui è diffuso l’amore per il gusto, il piacere della condivisione e della convivialità, l’aggregazione. In Corea la cultura alimentare si basa principalmente su questioni legate alla salute e all’etichetta rigorosa: il Mukbang è una pratica che si discosta in modo dirompente dall’identità tradizionale.

Il fenomeno assume questo nome dalla crasi tra il termine coreano ”mokta” (mangiare) e “bangsong” (trasmettere).

Il Mukbang pertanto è diventato popolare in Corea del Sud come “punto di rottura” rispetto al sistema e circa 10 anni fa ha raggiunto una crescente popolarità anche in numerosi altri Paesi Orientali, dove un elevatissimo numero di persone accede ad Internet ogni giorno per guardare i video dei Mukbanger (Hawthorne, 2019). Questo fenomeno si è diffuso anche nei Paesi occidentali nel 2015, dopo che una popolare emittente americana ha mandato in onda un servizio televisivo in cui venivano commentati i video dei più famosi Mukbangers Sud-Coreani.

Su molti Social Network i video sono diventati virali nell’arco di poco tempo a livello globale: d’altronde è possibile guardare facilmente tali trasmissioni su piattaforme di streaming come Afreeca, Youtube e Twitch.

In Corea, l’isolamento non è soltanto un fenomeno recente causato dalla pandemia Covid, bensì un fenomeno radicato e piuttosto diffuso per questioni culturali e lavorative: per questa ragione si è ipotizzato che l’esigenza di “mangiare in compagnia”, sebbene il modello di riferimento culturale non possa assimilarsi a quello delle comunità occidentali, possa essere un segnale dell’emergere della necessità di compensare esigenze personali ed individuali di una socialità minimizzata dal modello sociale coreano (Balakrishnan e Griffiths, 2017).

Emerge da diverse ricerche internazionali come, diffusamente, le persone cerchino nell’ultimo ventennio soddisfazione alle proprie esigenze e desideri individuali all’interno della realtà virtuale, dando voce al proprio bisogno di appartenenza, di gratificazione sociale, cercando e trovando una comunità che li accolga e condivida il sentimento di diversità percepito nella vita reale, con le persone con cui trascorrono le giornate. Si cerca perciò di trovare in comunità o attività on line un senso di accoglienza e di autoefficacia per poter sostenere il calo di autostima causato dal confronto con le persone e le regole della propria vita sociale.

L’utilizzo prolungato di questa ricerca di autoaffermazione in un mondo virtuale, e non reale, può incrementare notevolmente il rischio di un graduale, ma sempre maggiore, distacco ed isolamento dalla propria realtà, con possibili conseguenze a lungo termine importanti, come stati emotivi depressivi, sintomatologia ansiosa, calo di autostima, disturbi del sonno e una sempre minore capacità di integrazione sociale (Sherlock e Wagstaff, 2019).

Non possiamo esimerci dal domandarci però perché un fenomeno apparentemente così particolare, e per alcune persone di dubbio buon gusto, non sia più circoscritto alla zona d’origine e sia diventato invece così popolare al livello mondiale. I mukbanger infatti sono personaggi con milioni di followers e le loro sessioni di abbuffate, oltre che all’ora dei canonici pasti, vengono seguite anche nel cuore della notte.

Alcuni ricercatori, Schwegler Castañer (2018), hanno studiato più accuratamente il fenomeno rilevando una molteplicità di motivazioni a seguire queste sessioni on line. In primis è emerso in molte persone un uso sociale del fenomeno: contrastare l’isolamento sociale e la sensazione di solitudine, fenomeni trasversali e presenti in tutte le società.

Spence et al. (2019) hanno condotto uno studio sulla commensalità digitale, ovvero la pratica del mangiare insieme sentendosi meno soli, confermando che il Mukbang Watching potrebbe favorire sentimenti di connessione affettiva con altri individui: sentirsi emotivamente connessi con altre persone è una sensazione di estrema importanza, legata al concetto di empatia, di condivisione emotiva provata dagli spettatori nei confronti della persona che tiene la trasmissione. E’ possibile che l’esperienza percepita sia quella di aver l’impressione di “cenare con qualcuno”.

Anche altri autori (es. Kircaburun, K et al., 2020) hanno sostenuto che il Mukbang Watching fosse un mezzo per alleviare la solitudine e che il mukbanger fosse considerato un vero e proprio compagno di pasto dagli spettatori. Secondo questa spiegazione esplicativa, il Mukbang soddisferebbe la fame fisica e sentimentale delle persone sole, creando un legame sociale e di appartenenza tra i mukbanger e gli spettatori: spesso lo spettatore si organizza per consumare il proprio pasto durante la sessione del mukbanger.

Soprattutto donne in sovrappeso si sentivano legate emotivamente ad altre donne che mangiavano enormi quantità di cibo malsano in modo disordinato e davanti ad un pubblico.

Circa il 10% degli spettatori rimane connesso dopo aver mangiato per chattare su diversi argomenti che riguardano la propria vita quotidiana e si sentono attratti dai mukbanger perché mostrano il loro lato personale interagendo con i commenti degli spettatori, interrompendo il pasto e ringraziando il pubblico per i regali ricevuti (gli spettatori a volte pagano per far sì che il mukbanger faccia determinate azioni che loro richiedono).

Song (2018), analizzando le chat, ha sostenuto che la fidelizzazione degli spettatori avviene infatti attraverso l’interazione personale con i mukbanger .

A volte, però, l’interazione tra gli spettatori può diventare incontrollata (Bruno e Chung, 2017): alcune persone, ad esempio, hanno un’interazione violenta verbalmente e veicolano insulti verso i mukbanger per il loro aspetto e la quantità di cibo consumato, con l’intenzione di danneggiare la loro reputazione e la relazione con gli altri. Questo aspetto è importante perché in grado di influenzare le reazioni di altri spettatori nei confronti di ciò che stanno guardando, modificando i toni della conversazione e utilizzando l’interazione come sfogo delle proprie emozioni negative, non più dunque con una finalità di appartenenza, ma viceversa di presa di distanza attraverso l’uso del disprezzo, come un dicostarsi da qualcosa che si percepisce come soggettivamente attrattivo e contemporaneamente spaventante.

Un altro utilizzo rilevato dall’approfondimento dello studio fenomenologico è l’utilizzo sessuale: per Schwegler Castañer (2018), il Mukbang potrebbe essere inteso come feticismo, in particolare per le donne che mangiano enormi quantità di cibo dannoso, mostrando un vergognoso appetito. Altri aspetti emersi sono la potenziale oggettivazione sessuale del corpo femminile e il rafforzamento dei valori normativi riguardanti magrezza e consumismo.

Bruno e Chung (2017) evidenziano un altro aspetto importante: alcuni spettatori vedono i mukbangers come delle prostitute che mangiano e consumano qualsiasi cosa gli si chieda in cambio di denaro. Hanno anche affermato che parte del piacere vicario degli spettatori proviene dalla performance alimentare del mukbanger: è importante che questi mangi il cibo che hanno selezionato e desiderato, mostrando gemiti di piacere nel farlo.

Donnar (2017) ha sostenuto che la maggior parte degli spettatori di donne mukbanger magre e attraenti son maschi e in sovrappeso. Essi sono attratti dal fatto che qualcuno di affascinante si trovi in uno stato privato e vulnerabile (cioè nell’atto di mangiare): le sensazioni sessuali e alimentari provate, riportate, sono le più varie: piacere, desiderio, eccitazione, brama, invidia, disgusto e vergogna.

Pereira et al. (2019) hanno notato che ci sono noti mukbanger che, oltre ad essere belli fisicamente, sono estremamente socievoli e simpatici, e questo attrae maggiormente un gran numero di spettatori.

Per un’altra percentuale del campione il Mukbang viene utilizzato come un semplice intrattenimento: Choe (2019) sostiene che gli spettatori provano gratificazione guardando i mukbangers, soprattutto per i “suoni” del cibo prodotti ad esempio bevendo, masticando, preparando i cibi, oppure per i rumori derivanti dall’apertura delle confezioni di cibo, trovandolo uno spettacolo semplicemente divertente.

Kim Hae-jin, dottoranda presso l’Università di Chosun, ha sostenuto che un altro utilizzo del Mukbang è il soddisfacimento alimentare vicario: si può soddisfare il proprio desiderio di cibo per procura, cioè attraverso l’osservazione. D’altronde i mukbanger affermano di essere gli “avatar” del pubblico e che seguiranno esattamente ciò che la gente chiede loro di fare.

A cosa ci si riferisce con l’espressione “mangiare per procura”? Qualcuno mangia al posto nostro dandoci la sensazione di soddisfazione come se avessimo mangiato realmente. Hakimey e Yazdanifard (2015) hanno sottolineato che alcuni spettatori, essendo a dieta, hanno bisogno di guardare i Mukbang per avere l’esperienza di mangiare per procura, al fine di evitare di mangiare. Bruno (2016) ha sostenuto che gli spettatori si sentivano come se stessero mangiando, come se potessero “quasi assaporare il cibo e la conseguente sensazione di sazietà”. Gallespie (2019) ha sostenuto che la fantasia alimentare (idea di mangiare quanto si desidera senza subirne le conseguenze) è stata una delle motivazioni più importanti che hanno spinto le persone a guardare Mukbang. Gli spettatori sono estremamente soddisfatti attraverso la sensazione di abbuffarsi.

Anche Choe (2019) ha sostenuto che alcune persone provano eccitazione nel vedere il mukbanger mangiare determinati cibi che loro devono evitare essendo a dieta. In questo modo chi tiene la trasmissione è in grado di soddisfare le voglie di cibo degli spettatori, dando loro un piacere vicario di mangiare tramite stimoli visivi e audio.

Quali possono essere le conseguenze della fruizione di esperienze di Mukbang?

Per alcuni spettatori le conseguenze sono identificabili in momenti di sollievo, diminuendo, come abbiamo già sottolineato, la propria condizione di isolamento e incrementando la sensazione di appartenenza ad una comunità, per altri invece le conseguenze si sono confermate meno positive instaurando alterazione delle abitudini alimentari, incrementando fattori di rischio per l’instaurarsi di disordini alimentari, consumando più cibo rispetto alle proprie abitudini, cambiando tipologia di qualità del cibo, sostituendolo con alimenti meno salutari, intraprendendo anche un comportamento alimentare privo di buone maniere e rituali conviviali ( ad esempio scartare il cibo con i denti, mangiare con le mani, emettere suoni sgradevoli durante il consumo, non sedersi a tavola, etc.) sottoposti ad un meccanismo di emulazione (Spence, 2019). Un grande tranello in cui spesso cadono gli spettatori per emulazione è la convinzione distorta che si possa mangiare un enorme quantità di “cibo spazzatura” senza avere conseguenze sull’aumento di peso: i mukbanger infatti sono molto spesso persone estremamente magre, nonostante le abbuffate messe in mostra. Questo ha creato in molti spettatori situazioni di obesità e una maggiore tendenza al binge eating.

Il cibo entra ormai diffusamente nelle nostre case, da oltre un decennio, con grande enfasi e ridondanza, attraverso moltissimi programmi televisivi e social media, riscontrando grande approvazione e seguito da parte del pubblico: il senso dell’alimentazione si è allontanato dalla finalità della nutrizione e dalla soddisfazione di un bisogno primario, per acquisire nuove valenze sociali, che hanno ben poco a vedere con l’assaporare il nutrimento, ma che invece ci dicono molto su come anche il cibo è moda, apparenza, ossessione portata all’estremo degli eccessi.

Videoricette, consigli sull’alimentazione, pubblicità: il cibo sembra essere ovunque e la fiorente industria del dimagrimento è in costante crescita, mentre cerchiamo di trovare un equilibrio tra la crescente offerta di alimenti e la voglia di essere in forma. I Social hanno cambiato il nostro modo di vivere, interagire con gli altri, ma influenzano anche il nostro modo di mangiare, anche quando non siamo spettatori del Mukbang. Basta aprire un qualsiasi Social Network per essere bombardati da messaggi continui e contrastanti riguardanti il cibo: se infatti da un lato siamo sommersi da video e foto che hanno come unico soggetto il cibo, dall’altro siamo invitati ad essere belli, scattanti, in forma e decisamente magri.

Il nostro cervello ed il nostro appetito registrano una vera e propria frustrazione e confusione continua e non tutti sono in grado di trovare un sano equilibrio per bilanciare questi elementi, motivo per cui i disturbi alimentari sono in crescita, soprattutto nelle fasce di età pre-adolescenziali e adolescenziali e poi nuovamente nella popolazione over 40.

Tornando al Mukbang, in Corea questa pratica si discosta nettamente dai principi culturali tradizionali. Visto il crescere dei disordini alimentari e la correlazione con la visione di questi video, nel luglio 2018 il governo sudcoreano ha annunciato che avrebbe regolato le linee guida dei Mukbang pubblicando “Misure globali di gestione dell’obesità” poichè questa pratica avrebbe potuto indurre ad abbuffate e danneggiare la salute pubblica. Park (2018) ha riferito che il tasso di obesità in Corea del Sud era passato dal 31,7% nel 2007 al 34,8% nel 2016, il governo avvertiva pertanto l’esigenza di monitorare questi spettacoli. I mukbangers, però, si sono opposti sostenendo che “non vi è alcuna correlazione causale tra Mukbang e abbuffate alimentari” e che “il governo sta violando la libertà individuale”. Alcuni genitori, dopo aver visto i propri figli sfidarsi a mangiare tanto quanto i mukbangers, hanno difeso il piano del governo sostenendo che il Mukbang potesse influenzare negativamente i ragazzi, soprattutto i più giovani, attraverso l’emulazione di comportamenti scorretti percepiti come socialmente accettabili.

La preoccupazione più grande di due esperti di salute, Uxshely Chotai (fondatore della Food Psychology Clinic, Regno Unito) e il Dr. Naveed Sattar (professore di medicina metabolica all’Università di Glasgow, Regno Unito), è che il Mukbang promuova l’idea che abbuffarsi di cibo sia qualcosa di cui essere orgogliosi.

Shipman (2019), ad esempio, ha menzionato un mukbanger britannico che in un video ha mangiato più di 10.000 calorie di prodotti in una sola sessione: vedere qualcuno che si abbuffa di cibi malsani potrebbe far sì che gli spettatori percepiscano l’abbuffata come un comportamento normale e innocuo.

Concludendo, le ricerche presenti ad oggi sul Mukbang Watching concordano sul suo utilizzo come compensazione dei bisogni sociali non raggiunti nella vita reale. Gli spettatori ottengono gratificazioni sociali guardando questi video e si tratta principalmente di individui soli che tentano di alleviare il loro isolamento sociale (Stafford et al., 2004).

Questo fa emergere come il bisogno primario che sembra celarsi sotto questo nuovo fenomeno sia la necessità di stare insieme e condividere esperienze ed emozioni. Quando la vita mette qualcuno di fronte all’impossibilità di soddisfare questo bisogno, le persone trovano modalità differenti per alleviare le loro emozioni di solitudine, di noia, di non accettazione che sono inevitabilmente dei fattori di rischio comune per l’instaurarsi di un disagio psicologico.

Attraverso piattaforme online è possibile creare forti amicizie e relazioni emotivamente significative perché le persone si sentono in grado di esprimersi in modi che non li fanno sentire a proprio agio nella vita reale (Cole e Griffiths, 2007).

In particolare è stato riscontrato che l’uso del Mukbang come fuga dalla realtà è praticato principalmente da pazienti ospedalieri, da coloro che hanno stili di vita frenetici e solitari, da persone che hanno un senso di colpa e stress sull’essere grassi, da coloro che sono annoiati. Inevitabilmente la situazione pandemica mondiale degli ultimi due anni, che portato necessariamente e forzatamente ad una riduzione della socialità e della convivialità e ha disposto le persone in isolamento forzato, non ha aiutato ad arginare la diffusione di questo fenomeno. La fuga dalla realtà apparentemente sembra utile ad affrontare situazioni spiacevoli a breve termine, tuttavia talvolta può allontanare così tanto le persone dal contesto reale al punto tale da non rendersi più conto dei problemi che si devono affrontare (Hong e Park, 2018).

Sebbene questo fenomeno sia diffuso da più di un decennio si conosce ancora molto poco su di esso, le ricerche sono ancora relativamente poche e localizzate ad alcune aree geografiche in cui il fenomeno ha avuto una maggiore diffusione (Corea, Stati Uniti, Regno Unito). Emerge la necessità di approfondire, studiare meglio e a fondo il fenomeno Mukbang, soprattutto per limitarne le conseguenze disastrose che sembra incentivare e per dare strumenti di prevenzione verso comportamenti alimentari e sessuali problematici conseguenti.

Rispetto alle esperienze studiate e prese in carico da professionisti, sembrerebbe che alcune strategie terapeutiche siano state utilizzate efficacemente per ridurre queste problematiche. In particolare, forme specifiche di terapia cognitivo-comportamentale sono parse efficaci per trattare disturbi alimentari sia a breve che a lungo termine (Brownley et al., 2016) e gruppi di terapia cognitivo-comportamentale sono stati introdotti e utilizzati con successo per ridurre i comportamenti compulsivi (Sadiza et al., 2011).

Dott.ssa Consuelo Aringhieri

Psicologa Psicotereapeuta

 

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“QUANTO ESAGERI! È TUTTO NELLA TUA TESTA!” RICONOSCERE E DIFENDERSI DAL GASLIGHTING

Il gaslighting è una forma insidiosa di manipolazione e controllo psicologico. Si verifica quando qualcuno viene deliberatamente alimentato da false informazioni che lo portano a mettere in dubbio la realtà e a non credere ai propri pensieri e sentimenti.
La verità è che tutti possiamo
avere fatto gaslighting a qualcun altro senza averne intenzione, ma quando succede regolarmente, ad esempio in una relazione, può portare a serie conseguenze a lungo termine: si può finire per dubitare della propria memoria, della propria percezione e persino della propria salute mentale.

Ma da dove arriva questo curioso termine? Deriva da unopera teatrale del 1938, intitolata Gas Light, nella quale un uomo manipola sua moglie così tanto da farle pensare di aver perso la testa. Una sorta di lavaggio del cervello che tenta di minare l’autostima e la sanità mentale dell’altro, in maniera subdola, per poterlo controllare e sottomettere.

Il gaslighting si verifica più spesso nelle relazioni sentimentali, ma non è raro trovarlo anche nei contesti di lavoro e persino nel rapporto medico paziente.

Le relazioni con i gaslighter di solito cominciano piuttosto bene. In ambito sentimentale, è frequente che sappiano creare un clima di confidenza e intimità molto forte fin da subito, sono in grado di far sentire la persona molto attratta, ricoprirla di attenzioni e sintonizzarsi completamente con i suoi bisogni. Questa tattica iniziale va sotto il nome di love bombing (bombardamento damore), nel quale la vittima viene portata a stabilire subito un legame di fiducia benché la crescita dellintimità sia stata troppo rapida nei tempi per poter davvero giustificare la fiducia che si ripone nel gaslighter.

È bene ricordare che le relazioni sane, infatti, sono fatte di sintonizzazioni ma anche di piccole rotture (semplici fraintendimenti, comportamenti non intenzionali che magari ci feriscono o ci lasciano perplessi, moti di diffidenza, ecc.) e riparazioni (tentativi dei due partner di comprendersi meglio e avvicinarsi passo passo al funzionamento dellaltro). Per questo è utile tenere a mente che una relazione troppo perfetta fin da subito, nel quale il grado di sintonia è immediatamente altissimo, non è molto plausibile. Ptalvolta essere indice del fatto che uno dei due stia inconsapevolmente o deliberatamente assecondando tutti i bisogni dellaltro, proponendo sostanzialmente una falsa versione di sé.

Una volta stabilita questa connessione forte di fiducia cieca, sarà più facile per il  gaslighter manipolare la sua vittima.

Solitamente si comincia con piccole bugie su cose semplici, ma il volume delle distorsioni della realtà cresce rapidamente, arrivando ad accusare prontamente la persona se questa protesta mettendo in dubbio quanto le viene detto. Al contempo, il gaslighter tiene buona la relazione disseminando occasionalmente qualche piccolo rinforzo positivo che confonde la vittima. In questo modo la persona finirà col sentirsi confusa: da un lato avrà la percezione di essere trattata ingiustamente, ma dallaltra ricaverà dai piccoli rinforzi la sensazione di essere comunque amata.

Vediamo alcuni esempi di gaslighting per capire meglio:

Screditare. Una tattica comune è dire alla persona che è matta o stupida, in questo modo sentirà che le sue opinioni o sentimenti non sono affidabili. È un tentativo di negare la realtà della vittima anche quando è ben comprovata. Es. Fai presente a qualcuno che ha ferito i tuoi sentimenti e ti senti rispondere che: Sei matto/stupido se lo pensi, perché non è mai successo, te lo sei immaginato! Ti ricordi male, hai capito male come sempre! È tutto nella tua testa!
Minimizzare i sentimenti. Ti sei mai sentito dire che stai avendo una reazione esagerata? O che sei troppo emotivo? Hai mai evitato di dire a qualcuno come ti senti perché eri preoccupato della sua reazione? Quando queste cose accadono con sistematicità, ci troviamo in una situazione di gaslighting. Es. Dici a qualcuno che ha ferito i tuoi sentimenti e l’altra persona si arrabbia con te per aver provato a farla sentire male, o ti dice che sei drammaticoo troppo sensibile, di calmarti e di non tirare più fuori l’argomento.
Mentire e negare. Mentire è una tattica cruciale nel gaslighting, così come negare, negare, negare! Non prendersi mai la responsabilità delle proprie azioni, negare di avere un ruolo nel conflitto, rappresenta un problema e ha a che fare con il non volersi impegnare a cambiare e migliorare stessi per incontrare anche i bisogni dellaltro. Es. E un problema tuo, fattela passare. Era una battuta, fatti una risata! Non è colpa mia se non la capisci.
Isolare. I manipolatori hanno la tendenza a mostrare una faccia alla vittima e unaltra al resto del mondo. In questo modo diventa molto difficile per le vittime pensare di essere credute se decidessero di chiedere aiuto. Es. Sei lunico che la pensa così. Ma stai bene? Dici delle cose assurde, mi sto preoccupando per le cose che dici.

Alla lunga gli effetti del gaslighting possono portare a perdere fiducia in stessi e nella veridicità dei propri sentimenti e della percezione della realtà. Si può arrivare ad isolarsi dagli altri perché ci si vergogna o, al contrario, sentirsi dipendenti da essi perché l’autostima viene annientata. Come se si fosse indegni di amore e inutili di per . Ci si può sentire costantemente confusi, ansiosi, preoccupati riguardo alla relazione col gaslighter. Si finisce per mettere in secondo piano i propri sentimenti e scusarsi di frequente per cose che lasciano confusi. Si perde il senso della propria identità e la propria autostima.

Che fare allora?

Allontanarsi dalla persona aiuta nell’immediato a riguadagnare una prospettiva meno inquinata. Questo può condurci a distinguere meglio la manipolazione dalla realtà.

Se, parlando col diretto interessato di quello che si sta sperimentando, questi riesce a comprendere ed accettare di stare sbagliando, si può provare, con l’aiuto di un professionista, a ricostruire una relazione più sana, con dei confini chiari. Molte persone mettono in campo qualche abitudine non sana nelle proprie relazioni: a volte, si tratta di impararne di nuove e migliorare.

Può capitare infatti che il gaslighter non sia consapevole del proprio comportamento, non lo applichi cioè in modo volontario. Ad esempio, alcune persone attuano comportamenti manipolatori perché ne sono stati testimoni di frequente da bambini o perché hanno imparato a sfruttarli per sopravvivere in un ambiente famigliare gravemente deprivato. Indipendentemente dal livello di autoconsapevolezza del gaslighter o dalla patologia che vi sta dietro, però, il comportamento non è mai accettabile e il fatto che sia inconscio non dovrebbe essere usato come scusa per le azioni manipolative.

Dunque, se la persona non è disposta a cambiare il proprio atteggiamento (magari nonostante labbia promesso più volte, per poi ricascarci), bisogna allontanarsi. Nessuna relazione vale la nostra salute, bisogna mettersi al primo posto e chiudere il rapporto.

È difficile farlo da soli e per questo si può chiedere aiuto quando si ha bisogno di supporto o quando non ci si sente al sicuro.

È facile incolpare stessi per esser stati troppo fiduciosi o vulnerabili, ma non c’è da vergognarsi da biasimarsi. Il gaslighting può accadere a chiunque e in ogni tipo di relazione.

Dott.ssa Valeria Lussiana

Psicologa Psicoterapeuta