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STRESS, ANSIA E CONCENTRAZIONE: SAI CHE I GIOCHI SENSORIALI POSSONO AIUTARTI?

Hai mai avuto bisogno di calmarti manipolando un oggetto, come una pallina antistress o un pop it? Gli stimming toys, ormai diffusi tra adulti e bambini, non sono semplicemente giochi, ma veri alleati per il benessere emotivo e sensoriale. Questi strumenti si stanno facendo strada anche nella psicoterapia, dimostrandosi utili in situazioni di stress, ansia e difficoltà di concentrazione. Ma cosa sono esattamente e perché funzionano così bene?

Cosa sono gli Stimming Toys?

Gli stimming toys sono dispositivi progettati per stimolare i sensi attraverso il movimento, il tatto o il suono. Tra i più noti troviamo:

fidget spinner, pop it e cubi antistress,
palline sensoriali, slime o pasta modellabile,
oggetti con texture particolari, come tappetini tattili o tessuti.

Il termine “stimming” deriva da “self-stimulatory behavior” (comportamento auto-stimolatorio) ed è stato originariamente associato all’autismo. Oggi, il loro utilizzo si è esteso anche a persone neurotipiche per affrontare momenti di stress, ansia o difficoltà di concentrazione.

Perché funzionano?

Gli stimming toys aiutano a:

1. Ridurre stress e ansia, offrendo uno sfogo fisico per l’energia nervosa.
2. Migliorare la concentrazione, mantenendo l’attenzione su uno stimolo leggero e costante.
3. Favorire il grounding (ancoraggio al presente), aiutando a rimanere nel “qui e ora” attraverso stimoli concreti e sensoriali.

Ma cosa rende questi strumenti così efficaci? La loro azione si basa su meccanismi neurologici profondi che influenzano il nostro stato emotivo.

I Meccanismi Neurologici
1. Attivazione del Sistema Somatosensoriale:
La manipolazione di oggetti tattili stimola il sistema somatosensoriale, che aiuta il cervello a rilasciare serotonina e dopamina, neurotrasmettitori legati al benessere. Questo tipo di stimolazione riduce l’attivazione del sistema nervoso simpatico (responsabile della risposta “attacco o fuga”) e promuove il rilassamento.
2. Grounding sensoriale:
Stimoli concreti e prevedibili, come la sensazione di pressione o movimento, ancorano la mente al presente. Questo processo coinvolge il talamo, che filtra le informazioni sensoriali, distogliendo l’attenzione da pensieri intrusivi o stati dissociativi.
3. Regolazione del Sistema Limbico:
Gli stimoli ripetitivi degli stimming toys riducono l’attività dell’amigdala, il centro delle emozioni, spesso iperattiva in stati di stress, ansia o emozioni intense come rabbia e frustrazione. Questo effetto calmante può aiutare a modulare anche impulsi legati a comportamenti disfunzionali, come la fame emotiva. L’ancoraggio al presente, inoltre, stimola l’ippocampo, favorendo un migliore equilibrio cognitivo ed emotivo, contribuendo a gestire sensazioni di tristezza o sopraffazione.
4. Stimolazione del Cervelletto e del Sistema Vestibolare:
Movimenti ritmici o compressivi attivano il cervelletto e il sistema vestibolare, migliorando il senso di equilibrio interno ed esterno e favorendo una sensazione di calma e stabilità.
5. Attivazione dei Circuiti Dopaminergici:
Gli stimming toys attivano i circuiti della dopamina, offrendo una gratificazione immediata che migliora l’umore e aumenta il senso di controllo.
6. Modulazione del Nervo Vago:
Attraverso la stimolazione tattile, gli stimming toys agiscono sul nervo vago, promuovendo rilassamento, sicurezza e un ritmo respiratorio regolare.
Utilizzo in Psicoterapia

Gli stimming toys possono essere integrati in diversi modi nel setting terapeutico, ad esempio come:

Strumento di autoregolazione: durante una seduta, un paziente in preda ad una forte emozione come ansia, agitazione, rabbia, tristezza ecc. può manipolare un oggetto per calmarsi e sentirsi più a proprio agio.
Promozione del grounding: in momenti di intensa attivazione emotiva, toccare o manipolare un oggetto può aiutare il paziente a rientrare in contatto con il presente.
Facilitazione del dialogo: spesso, il semplice gesto di manipolare un oggetto durante una conversazione può abbassare le difese e favorire un dialogo più aperto e spontaneo.
Per chi sono indicati?
Adulti e bambini con difficoltà di regolazione emotiva: persone con ansia, ADHD, o difficoltà di gestione dello stress possono trovare grande beneficio.
Persone in terapia per trauma: gli stimming toys possono aiutare a gestire flashback o stati di dissociazione.
Chiunque cerchi uno strumento pratico per rilassarsi: gli stimming toys non hanno controindicazioni e sono facilmente accessibili!

In conclusione, gli stimming toys non sono solo giochi: sono strumenti semplici ma potenti per migliorare la qualità della vita, aiutandoci a gestire momenti di difficoltà e a riconnetterci con il presente. Esplorarli significa scoprire un nuovo modo di prendersi cura di sé, trovando il proprio equilibrio con un gesto tanto piccolo quanto efficace.

Dott.ssa Valeria Lussiana

Psicologa Psicoterapeuta

Bibliografia
1. Brand, B. L., Schielke, H. J., & Lanius, R. A. (2022). Finding Solid Ground: Overcoming Obstacles in Trauma Treatment. Oxford University Press.
2. Schaaf, R. C., & Davies, P. L. (2010). Evolution of the Sensory Integration Frame of Reference. American Journal of Occupational Therapy, 64(3), 363-367.
3. Porges, S. W. (2011). The Polyvagal Theory: Neurophysiological Foundations of Emotions, Attachment, Communication, and Self-regulation. W.W. Norton & Company.
4. Cozolino, L. (2014). The Neuroscience of Human Relationships: Attachment and the Developing Social Brain. W.W. Norton & Company.
5. Siegel, D. J. (2012). The Developing Mind: How Relationships and the Brain Interact to Shape Who We Are. Guilford Press.

PERCHE’ LEGGERE FA BENE?

“Leggere fa bene, si sa!”. Fin da bambini abbiamo sentito ripetere questa frase da maestri, professori, genitori e chi più ne ha più e metta; per alcuni queste raccomandazioni hanno fatto breccia, dando il via ad una vera e propria passione che prosegue anche da adulti, per altri no.

Ma cosa si intende davvero quando si dice che leggere fa bene? Scopriamolo insieme in questo articolo:

1) Ti aiuta a tenere la mente attiva.  Leggere è una vera e propria palestra per la nostra mente, così come lo sono attività come giocare a scacchi, fare le parole crociate oppure i puzzle. La lettura è un’attività che richiede attenzione, concentrazione e ragionamento, dunque ci aiuta a tenere allenata la mente e a prevenire, o rallentare, alcune patologie neurodegenerative come l’Alzheimer o la demenza senile.

2) Migliora le capacità mnemoniche. La lettura implica un certo sforzo al livello della memoria. Se pensiamo a quando leggiamo un romanzo, è implicito che dovremmo ricordarci il nome dei personaggi, il ruolo che hanno e la loro storia, se vogliamo seguire la trama intessuta dall’autore. Allenare la memoria tutti i giorni è molto importante, soprattutto in tempi in cui è il telefono a ricordarci di fare qualunque cosa.

3) Amplia le tue conoscenze. Qualunque informazione con la quale entriamo in contatto diventa nostra e si aggiunge al bagaglio di conoscenze che amplieremo per tutta la vita. A volte ci sembra di aver dimenticato tutto e, quando meno ce lo aspettiamo, i cassetti della memoria si aprono, talvolta fornendoci soluzioni inaspettate.

4) Aumenta il tuo vocabolario. Quando leggiamo ci imbattiamo in un sacco di parole nuove che spesso entrano a far parte del nostro modo di parlare. Questo ci aiuta ad esprimerci in una maniera più chiara ed esaustiva, rendendoci anche più comprensibili agli altri.

5) Ti aiuta a scrivere meglio. Questa è una diretta conseguenza del punto 4, ovvero dell’implementazione del vocabolario. Sarà capitato a tutti di avere un pensiero o un concetto in testa e di non riuscire a trasporlo su un foglio in maniera efficace. Scrivere è un modo di comunicare con gli altri e avere più parole per farlo ci aiuta ad essere più sicuri di noi e più chiari con gli altri.

6) Migliora le capacità di analisi e di pensiero critico. Spesso leggere ci pone davanti a innumerevoli domande: che si tratti di un giallo o di un saggio di filosofia, mentre leggiamo siamo in qualche modo portati ad anticipare il pensiero dell’autore, a cercare di intuire cosa succederà nella pagina successiva e a farci un’idea di come siano andate le cose, ancor prima di averle lette. La capacità di analisi e di pensiero critico è importantissima per avere una nostra idea del mondo.

7) Riduce lo stress. Leggere ci porta in un’altra dimensione, quella immaginifica, lontana dai problemi del quotidiano; ci aiuta a staccare dopo un’intensa giornata di lavoro, a prendere una pausa dai pensieri quando viaggiamo in metropolitana, a scappare dalla noia rifugiandoci in altri mondi. Per questi ed innumerevoli altri motivi, leggere è un ottimo antistress.

8) Aumenta le capacità di concentrazione. Ormai siamo abituati a fare 10 cose insieme, anche perché i dispositivi che utilizziamo tutti i giorni ci portano ad essere multitasking. In un mondo che ci vuole veloci, la lettura ci aiuta a fermarci e a far sparire tutto quello che abbiamo intorno, anche le notifiche dello smartphone, concentrandoci su una sola attività.

9) Ci rilassa. Anche durante la lettura del thriller più inquietante, leggere ci pone in una condizione di relax fisico e mentale. I libri ci portano, in mondi nei quali il nostro capo non esiste e i nostri problemi sono troppo lontani. Questo ci permette di staccare ed entrare in una condizione di relax, che aiuta a regolare le emozioni e a ricaricarci.

10) Ci fa entrare in contatto con le emozioni. Sarà capitato a tutti di farsi trascinare nella storia di un protagonista e di vivere con lui mille avventure e mille emozioni diverse. Leggere ci dà la possibilità di entrare in contatto con le emozioni in una maniera “sicura”, coinvolgendoci ma senza farci troppo male.

Questi sono solo 10 degli innumerevoli benefici che la lettura ci regala, ma l’elenco potrebbe essere interminabile.
Esiste addirittura un approccio alla salute mentale che sfrutta il potere curativo della lettura, la biblioterapia, e può essere svolto sia individualmente sia nella dimensione gruppale.
I libri sono possono essere dei validi alleati nella ricerca di soluzioni, compagni di viaggio, un ottimo rimedio alla solitudine, ma anche tantissimo altro.
E tu leggi? In che modo i libri ti sono stati di aiuto nella tua vita?

 

Dott.ssa Rossella Totaro

Psicologa – Psicoterapeuta

 

BIBLIOGRAFIA:
– Pennebaker J.W. (2004), Scrivi cosa ti dice il cuore. Autoriflessione e crescita personale attraverso la scrittura di sé, Centro Studi Erikson, Trento.
– Rimé B. (2007), The social sharing of emotion as an interface between individual and collective processes in the costruction of emotional climates, “Journal of Social Issues”, vol. 63, n.2, pp.307-322.
– Urbano A. (2017), preScrivimi un libro. I benefici psicologici della biblioterapia, Stilo editrice, Bari.

LA SINDROME DA BURNOUT

Il burnout è una sindrome legata ad un processo stressogeno che colpisce maggiormente tutte quelle professioni che prevedono una relazione d’aiuto in una sfera psicologica e sociale.

Per burnout intendiamo quel fenomeno che in un primo momento investe dall’interno l’individuo per poi “esplodere” e manifestarsi all’esterno. I professionisti della relazione d’aiuto sono sottoposte ad una duplice fonte di stresss: lo stress personale e quello del cliente, se non trattate cominciano a sviluppare un lento processo di “logoramento” psicofisico.

Nell’ambito delle professioni socio-assistenziali la risoluzione dei problemi dell’utente non è affatto semplice e molto spesso non ottenibile, motivazioni per cui la condizione lavorativa diviene sempre più ambigua e frustrante e lo stress cronico può logorare emotivamente l’operatore.

Pian piano può divenire uno stato di malessere e di disagio che consegue una situazione lavorativa percepita come stressante e che conduce gli operatori a divenire apatici, cinici con i proprio utenti, indifferenti e distaccati dell’ambiente di lavoro. In casi estremi tale sindrome può comportare gravi danni psicopatologici (insonnia, problemi coniugali e familiari, incremento dell’uso di alcol o farmaci), cui consegue un deterioramento della qualità delle cure o del servizio prestato e spesso assenteismo e alto turnover.

Recenti studi dimostrano il legame tra burnout lavorativo e manifestazioni sintomatologiche quali l’ansia e delle sue espressioni somatiche e modificazioni del tono dell’umore, questi sono indicatori di un disagio che tende a coinvolgere gli aspetti più generali della personalità. Ciò avviene quando la persona percepisce una discrepanza tra aspirazioni e performance effettiva.

Vengono, inoltre descritte alterazioni emozionali, comportamentali, psicosomatiche e sociali, perdita dell’efficacia lavorativa ed alterazioni lievi della vita familiare. Inoltre l’alto livello di assenteismo lavorativo si giustificherebbe inoltre tanto per problemi di salute fisica quanto psicologica, a causa della frequente insorgenza di situazioni depressive.

La dimensione psico-sociale del burnout consente di individuare alcune variabili responsabili dell’insorgenza nell’esperienza lavorativa di aspetti di affaticamento e frustrazione che a lungo andare possono dare luogo a distonie e disagi comportamentali, espresse in una gamma che si snoda dall’apatia al disturbo del controllo degli impulsi, fino ad arrivare a una vera e propria compromissione psichiatrica.

La sindrome da bornout non si manifesta in modo improvviso, è un processo graduale che si sviluppa in un tempo prolungato. Molto spesso i primi segnali vengono ignorati, considerandoli “normali”.

Troviamo 3 caratteristiche principali:

1- Distacco mentale e cinismo rispetto al proprio lavoro;

2- Sensazioni di sfinimento e mancato recupero;

3- Calo dell’efficienza lavorativa.

A queste 3 caratteristiche si associano inoltre:

Mal di testa;
disturbi del sonno
disturbi gastrointestinali;
tachicardia;
tensioni;
Stanchezza;
sfiducia in sé stessi;
maggior vulnerabilità
Elevata sensibilità allo stress;
Difficoltà relazionali;
Depressione;
Agitazione, irritabilità, nervosismo;

Cosa causa la sindrome da burnout:

Le cause sono di natura diversa e variano da individuo a individuo. Solitamente è la conseguenza di uno stress cronico e presenta fattori di rischio, quali:

Sovraccarico lavorativo;
Mobbing;
mancato riconoscimento;
Ambiente di lavoro non favorevole;
Conflitti;
Obiettivi poco chiari;
Scarsa comunicazione;
Tendenza a porsi ibiettivi irrealistici;
Abnegazione al lavoro;
Aspettative elevate;
Personalità autoritaria;
Incapacità a collaborare.

Per prevenire il burnout è importante ridurre tutte le situazioni di stress, riconoscersi come persona riconoscendo e rispettando i propri bisogni fondamentali quali sonno, cibo, attività fisica. E’ opportuno fissarsi degli obiettivi ragionevoli, non pretendendo troppo da sé stessi. Inoltre è importante un automonitoraggio rispetto ai propri sintomi, rivolgendosi ad un professionista. La tempestività nel riconoscere i primi segnali favorisce l’efficacia della psicoterapia.

 

Dott. Mirco Carbonetti

Psicologo- Psicoterapeuta

 

Bibliografia:

-Corrente A. La sindrome del burnout. Una condizione soggettiva che si trasforma in malattia professionale. Pavia: Atti della Giornata di Studio Fondazione Salvatore Maugeri, 2003.

-Ferdinando Pellegrino F. La sindrome del Burn-out Nuova edizione.  Centro Scientifico Editore. Torino, 2009

-Ripamonti, C. A., & Clerici.Psicologia e salute: introduzione alla psicologia clinica in ambito sanitario. Il mulino 2008.